Il basket passa in secondo piano quando il Paese è sconvolto da una strage, l’ennesima, in una scuola. È visibilmente emozionato Steve Kerr, coach dei Golden State Warriors, la squadra Nba di Oakland impegnata nelle semifinali play-off contro i Dallas Mavericks, quando prima della gara 4 persa dai suoi giocatori per 119-109 arriva in conferenza stampa.

Kerr, che da giocatore ha fatto parte degli straordinari Chicago Bulls di Michael Jordan e che da allenatore dei Warrios ha vinto tre ‘anelli’ Nba, davanti ai giornalisti spiega subito che non parlerà di basket. Troppo forte la rabbia per quanto accaduto a Uvalde, in Texas, dove lo studente 18enne Salvador Ramos ha aperto il fuoco all’interno della Robb Elementary Schoool uccidendo 19 bambini e due maestre, prima di venir fermato e ucciso dall’intervento della polizia.

La gola è serrata, gli occhi sono lucidi quando il coach commenta quanto accaduto poche ore prima: “Da quando abbiamo lasciato la sessione di allenamento, 14 bambini sono stati uccisi a 600 km da qui, e un insegnante. Negli ultimi dieci giorni, anziani neri sono stati uccisi in un supermercato a Buffalo, fedeli asiatici sono stati uccisi nel sud della California e ora i bambini sono stati uccisi a scuola“, dice Kerr.

L’allenatore si dice “stanco di venire davanti a voi per porgere le mie condoglianze alle famiglie devastate. Ne ho avuto abbastanza. Giocheremo stasera. Ma voglio che ogni persona che ascolta pensi al proprio figlio o nipote, madre o padre, sorella o fratello. Come ti sentiresti se questo ti accadesse oggi?”.

Ma le parole più dure sono rivolte alla classe politica. L’allenatore sbatte la mano sul tavolo di fronte a sé e lancia una feroce accusa nei confronti dei senatori americani che si rifiutano di legiferare contro la diffusione indiscriminata delle armi.

Vi rendete conto che il 90% degli americani, indipendentemente dal loro orientamento politico, vuole un controllo criminale o psicologico sui singoli acquirenti di armi? Siamo tenuti in ostaggio da 50 senatori a Washington che si rifiutano persino di mettere ai voti questa misura, nonostante ciò che noi, il popolo americano, vogliamo. I senatori non vogliono votare queste cose per conservare il potere. Ricordatelo: antepongono il loro interesse alla vita dei nostri bambini“, è l’atto di accusa del coach Nba.

La rabbia per la strage e per la proliferazione delle armi negli Stati Uniti è un argomento sensibile per Kerr. L’allenatore ha perso il padre nel 1984, assassinato a soli 52 anni fuori dal suo ufficio di Beirut, in Libano, dove era nato e cresciuto, fino a diventare presidente dell’Università americana nel 1982.

Malcom Kerr venne ucciso da due uomini armati, ma sull’attacco ancora oggi non si conoscono le motivazioni, anche se la Jihad islamica ne rivendicò la responsabilità. Un omicidio che spinse anche l’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan a definire la sua morte “prematura e tragica”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia