«Il clima contribuisce infinitamente a modificare lo spirito», scrive il barone de Montesquieu nel Saggio sulle cause che possono modificare gli spiriti e i caratteri. Del resto usiamo dire che il caldo fa brutti scherzi. L’afa non fa ragionare, i pensieri diventano lenti e faticosi, il corpo umidiccio è più facilmente predisposto alla stizza, le abituali distanze interpersonali sono meno tollerate. È quello che sta accadendo alla campagna elettorale napoletana segnata da tafferugli, come quelli verificatisi ieri nei Quartieri Spagnoli, tra i sostenitori di Catello Maresca e di Gaetano Manfredi, e le idee dei candidati che appaiono ancora scarse e confuse.

Di Sergio D’Angelo si sa che lui ci sarà e non mollerà; di Antonio Bassolino che lui sa come si governa una città e intanto si è imbarcato nella più grande campagna di ascolto dai tempi della dissoluzione del Pci; di Manfredi che porterà in dote la legge “salva-Napoli” e con lui il sindaco governerà un bilancio nuovo di zecca, mettendo i debiti sotto il tappeto. Quanto a Maresca, sta prendendo le misure ai partiti che lo sostengono e ancora non ha trovato un registro per la sua campagna, mentre Alessandra Clemente prova a spiegare che Napoli è stata amministrata bene ma che è sempre possibile fare meglio. Intendiamoci. Leggendo tra le righe di interviste e dichiarazioni, qualche idea esce anche e non necessariamente tra le più malvagie.

Le premesse ci sono anche se non è esattamente la sfida tra Dozza e Dossetti a Bologna nel ‘56. Bassolino e Clemente sono amministratori navigati e di lungo corso. Manfredi ha gestito una “città”, cioè la Federico II, e sa meglio di chiunque altro che ricerca e futuro sono la stessa cosa. Maresca, se solo volesse dar fondo alla sua esperienza investigativa  che è anche un’occhio sociologico penetrante sulla realtà, dovrebbe conoscere cause e rimedi, sapendo bene il rovescio della lotta per la legalità è lo sviluppo e che lo sviluppo è solo il contrario dell’illegalità.

Perfino la gracile candidatura di D’Angelo mostra un pedigree tutt’altro che banale, perchè muoversi tra impresa sociale e municipalizzate dovrebbe assicurare una conoscenza profonda della città, necessaria per qualunque proposta futura in una città come Napoli, disastrata per servizi pubblici e martoriata da un’enorme questione sociale.
Le idee non mancano, ripeto, mettendo l’orecchio a terra. È che non arrivano al dibattito, non se ne parla, e questa è anche un po’ colpa dei candidati che non riescono a dare un tono adeguato a questa campagna elettorale faticosa – lo ripetiamo – per mille ragioni. Però toccherebbe a loro, prima che ai media, dare un tono al confronto in vista del voto, evitando di perdersi in polemiche, divagazioni e boutade. Il livello dell’uditorio, seppure fosse, non è un buon argomento. Chi si candida come classe dirigente deve, come dice la parola, “dirigere”, alzare l’asticella, non seguire gli umori. Napoli non merita questa campagna elettorale.

La città ha un problema gigantesco di ordine finanziario e, come se non bastasse, anche i peggiori servizi d’Europa. Occorre rileggere Fernand Braudel o, per restare più vicini, Giuseppe Galasso, per ricordare chi siamo: Napoli capitale europea, più a suo agio a contatto con Parigi e Londra, che non con Milano o Roma. Non è solo retorica. Per quanto un retaggio si depauperi, Napoli è ancora una città viva e ricca di energie sepolte e inesplorate, piena di cittadini del mondo. In attesa che un candidato se ne accorga.