L’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte arriva a Napoli per battezzare il candidato sindaco del del “suo” Movimento Cinque Stelle e del Partito democratico. E ad accoglierlo c’è proprio lui, l’ex ministro dell’Università e rettore della Federico II Gaetano Manfredi. Insieme tengono una conferenza stampa nel cuore della città, si scambiano un pugno di intesa (che prima della pandemia sarebbe stato una stretta di mano), si siedono l’uno accanto all’altro. Sono vicini fisicamente e politicamente, eppure Manfredi continua a proclamarsi candidato civico. «Ogni giorno mi attribuiscono un’appartenenza politica diversa – dice il candidato sindaco del “campo progressista” –  Un giorno sono del Pd, un altro del M5S, un altro ancora moderato e poi socialista. A dire la verità, a me questa cosa fa piacere. Mi approccio a questa sfida come un civico, ma la mia coalizione è ampia. E senza rapporto con la politica non si governa. Io sono il garante di questo rapporto».

Sostenere di essere un candidato civico, stando a braccetto con Conte che l’ha poi elogiato e sponsorizzato come da copione, è paradossale oltre che equivoco. Paradossale perché sarebbe come asserire convintamente di essere vegani davanti a una bistecca: il leader in pectore del nuovo partito viene a Napoli a inaugurare un nuovo corso, si porta dietro il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il presidente della Camera Roberto Fico, viene di fatto a mettere il sigillo dei grillini sulla candidatura di Manfredi, ma tutto questo sembra non intaccare le convinzioni dell’ex ministro. Il suo atteggiamento risulta anche equivoco: prende le distanze dai partiti, ma è un trattamento che riserva solo alla situazione locale, perché a livello nazionale è fortemente legato ai partiti, senza dimenticare che il patto per Napoli che l’ha convinto a scendere in campo dopo il gran rifiuto è il frutto di un accordo proprio tra i partiti che adesso sostengono la sua candidatura.

Alla veemenza con la quale ormai tutti gli aspiranti sindaci – non solo Gaetano Manfredi – si scagliano contro la politica come se la quest’ultima fosse il male del secolo o comunque di questa campagna elettorale napoletana, si aggiunge un’altra zona d’ombra che questa volta riguarda le istituzioni. Prima ancora che Conte e Manfredi prendano posto davanti ai microfoni, infatti, nel cortile dell’albergo di Piazza Bellini dove è stata organizzata la conferenza stampa entrano il presidente Roberto Fico e il ministro Di Maio: sarà capitato forse un’altra volta nella storia o addirittura mai che un ministro degli Esteri e la terza carica dello Stato si accomodassero in prima fila per manifestare il proprio sostegno a un candidato. Eppure il presidente della Camera dovrebbe essere super partes e la sua presenza stride non poco con questa prerogativa che Manfredi, da “civico” quale si professa, dovrebbe conoscere molto bene. Chi è stato ministro della Repubblica, rettore di una delle università più prestigiose d’Europa e ora è candidato sindaco dovrebbe non solo conoscere ma anche rispettare le distinzioni e i ruoli delle istituzioni. Il civismo al quale si appella Manfredi, dovrebbe essere tutt’uno con la cultura delle istituzioni: essere civico vuol dire avere senso civico, essere quindi un cittadino che ha un profondo senso delle istituzioni. Questo fa del civismo di Manfredi un civismo, se non contraffatto, almeno ambiguo.

Proprio sulla presenza di Fico era intervenuto a gamba tesa l’altro candidato sindaco, Catello Maresca, che nei giorni scorsi aveva stigmatizzato la presenza di una figura istituzionale in un incontro di campagna elettorale. Anche Maresca è un candidato civico e a questo punto bisogna riconoscergli il fatto di essersi candidato senza chiedere il permesso a nessun partito e di proclamare un civismo forse più autentico. Lo spettacolo della conferenza presieduta e gestita da Conte con Manfredi, sicuramente imbarazzato ma seduto lì ad accettare la benedizione, restituisce l’idea di un civismo che di civico ha davvero poco. Insomma Manfredi tenta di smarcarsi dall’accezione di candidato politico, ma l’incontro con la stampa è terminato in una pizzeria di Forcella dove ha mangiato la pizza al tavolo con Conte, Fico e Di Maio. Si può effettivamente chiamare civismo questo?

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.