Il civismo è una cosa bellissima. È l’impegno dei cives, i cittadini. Richiama l’idea della sussidiarietà, cioè dell’esercizio del potere vicino a chi ne subisce gli effetti. Allude a forme di inclusione sociale e non semplicemente politiche. Il civismo, però, diventa un problema quando viene vissuto in contraddizione con i partiti, perché questi sono l’ossatura della democrazia e senza di essi la democrazia tracima facilmente in cacicchi e avventurismo.

A livello locale esiste una lunga tradizione di liste civiche, soprattutto nei piccoli Comuni. Ma il civismo riportato ormai su grande scala (tanto che ormai si parla – ed è un controsenso – di civiche regionali e di civiche nazionali) produce alcuni dei fenomeni più nocivi sulla capacità di realizzare politiche pubbliche di qualità: candidati con molteplici appartenenze in formale competizione; trasformismi nei Consigli; svuotamento dei partiti; frammentazione dei voti dei cittadini tra una miriade di liste fatte spesso apposta per produrre un solo eletto, che le organizza sotto temi nobili.

Le elezioni napoletane rappresentano un osservatorio privilegiato per una valutazione sul civismo. Assisteremo, è vero, come da tradizione, a candidati sindaci supportati da un numero molto rilevante di liste: le elezioni saranno una sorta di concorso pubblico per posti a tempo determinato, con migliaia di candidati. Tuttavia, per la prima volta dopo molti anni, si è aperta una riflessione esplicita tra i protagonisti della competizione proprio sul ruolo del civismo. Sul versante progressista, il segretario napoletano del Partito democratico, Marco Sarracino, ha affermato che il partito sarà molto attento a evitare che suoi iscritti trovino momentaneo ricovero presso vere o presunte liste civiche: la fine del “partito a porte girevoli”, finalmente. Il candidato sindaco Gaetano Manfredi, per parte sua, ha affermato che il civismo sarà valorizzato ma che le liste devono rispondere a effettive culture politiche – il che è forse troppo per esperienze civiche – e che comunque si riserva il diritto di ultima parola rispetto alla composizione delle liste al fine di evitare i più vistosi fenomeni di confezionamento di liste fai-da-te a misura dell’eligendo.

Nel campo del centrodestra il riferimento al civismo offre spunti di eguale interesse, ma di segno assai diverso. Catello Maresca corre per il vertice di Palazzo San Giacomo senza investitura di partiti e si rappresenta come un candidato civico; tuttavia, come noto, il centrodestra napoletano non ha saputo o voluto individuare una candidatura partitica e converge facilmente sul suo nome. Maresca sa che l’appoggio di alcuni partiti – in particolare quello della Lega – può creagli imbarazzi. Ma il veterano Amedeo Laboccetta, consigliere comunale e parlamentare di lungo corso, da queste pagine gli ha ricordato che prendere le distanze dai partiti e insistere sul civico della sua candidatura, oltre che apparire un po’ ipocrita, potrebbe non condurlo molto lontano, se non altro perchè la destra è sempre accreditata di percentuali importanti.

La questione del civismo andrà seguita da vicino, perchè attraverso essa passano alcuni dei principali nodi del sistema politico italiano, non solo a livello locale. Le premesse di un dibattito approfondito sono decisamente interessanti, anche perchè anche gli altri tre candidati (Antonio Bassolino, Alessandra Clemente e Sergio D’Angelo) si presentano proprio come candidati civici.