«In una campagna elettorale la comunicazione è fondamentale: vince chi fa meno peggio e sfrutta a suo favore gli errori degli altri. Nel caso di quella napoletana, Antonio Bassolino è un politico autentico, Catello Maresca è il profilo più interessante e si muove bene, Alessandra Clemente è forte sui social ma non ha un progetto nuovo e Gaetano Manfredi ha già sbagliato troppo». Eugenio Iorio, docente di Social media analysis all’università Suor Orsola Benincasa, analizza con il Riformista le strategie degli aspiranti sindaci partenopei. Di campagne elettorali, d’altra parte, se ne intende, avendone coordinate 51 dal 1993 al 2017, molte delle quali per politici di primo livello.

Professore, mercoledì prossimo Bassolino terrà un comizio in piazza Carità, come ai vecchi tempi. Cosa ne pensa?
«Tra i vari candidati Bassolino è sicuramente quello più politico. Ha un’idea della politica, quindi anche della campagna elettorale, che anche nei rituali attinge molto dal passato. Il suo rapporto con i napoletani è sempre stato molto fisico, ha sempre mostrato una forte connessione sentimentale con il popolo. Per lui è naturale questo tipo di comunicazione».

È una scelta vincente?
«In una dimensione dell’infosfera che è liquida e mutevole, spesso anche rielaborare vecchi rituali in chiave strategica può essere utile. È presto per dire se sia vincente o meno, ma sicuramente è espressione di una politica autentica in un dibattito che vede sostanzialmente presenti, oltre lui, solo due candidati: Catello Maresca e Gaetano Manfredi».

Che cosa li distingue?
«Maresca può fare opinione, Manfredi può solo subirla. L’ex rettore non è un politico, è stato ministro ma tecnico, e non è partito bene con la lettera nella quale annunciava la rinuncia alla candidatura: l’ha fatto sembrare debole, insicuro e impaurito, quasi come se non volesse sporcarsi le mani per la città. Non ha quel carattere politico capace di dettare l’agenda. È stato un autogol enorme e non è stato l’unico. L’altro errore è stato quello di far trapelare la sua fede calcistica: essere juventino, in una città come Napoli che vive molto il calcio, è stato uno scivolone enorme. Errore che Maresca ha cavalcato alla perfezione dicendo che rinuncerebbe a fare il sindaco in cambio dello scudetto al Napoli».

Quindi Maresca si sta muovendo bene?
«Assolutamente sì. Il difetto che ha Maresca, paradossalmente, è anche la sua forza: lui è un magistrato e, in questo momento storico, c’è una grande crisi reputazionale della magistratura. I magistrati in politica non hanno tanta empatia, ma Maresca non è un magistrato qualunque: è un uomo che ha lottato per liberare il territorio dalla camorra. Tra l’altro non è lontano dalla politica: a 21 anni è stato consigliere comunale a San Giorgio a Cremano. Poi comunica bene, si trova a suo agio nei talk show. Anche i messaggi che lancia sono interessanti».

A cosa si riferisce?
«Per esempio, alle sue esternazioni su Rudolph Giuliani: è totalmente coerente con quello che ha fatto lui finora da magistrato. Maresca non sta costruendo un “altro da sé politico” che va a inficiare o a prendere le distanze da quello che ha fatto da magistrato; anzi, fa la commutazione di quella identità in un’identità politica e in questo è bravo».

Sia Maresca che Manfredi, però, hanno dichiarato più volte di essere distanti dai partiti. Come mai?
«Manfredi bleffa, non è minimamente slegato dai partiti. Se non ci fosse stato il patto per Napoli non si sarebbe candidato: è molto condizionato dai partiti. Il fatto che non abbia mai avuto una tessera non significa niente. Maresca, invece, da un punto divista di marketing politico elettorale deve prendere le distanze dai partiti: deve andare “in espansione”, cioè allargare le maglie del suo elettorato anche per abbracciare una parte civica che altrimenti non voterebbe mai a destra. E poi, diciamoci la verità, culturalmente non è di destra: è un conservatore, un moderato se vogliamo, ma non è di destra. In sintesi, la strategia di Maresca può essere vincente».

Di Clemente e D’Angelo, invece, che opinione ha?
«Clemente è molto forte sui social. Il suo problema è che ci tiene a far vedere e a difendere il lavoro che fa, ma non ha ancora presentato un progetto nuovo e firmato da lei. Questa difficoltà nell’emergere rispetto a Luigi de Magistris si riverbera anche sulla sua comunicazione. D’Angelo è marginale, non credo che avrà molto spazio nella campagna elettorale».

Come si vincono le elezioni oggi?
«I candidati devono cercare di allineare il pensare, il sentire e l’agire: bisogna necessariamente farsi percepire veri, autentici, credibili. I candidati hanno due opzioni: fare opinione sul proprio progetto, comunicando bene le loro idee, oppure la loro visione del futuro della città ristagna in quel vuoto di cui Napoli ha sempre sofferto».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.