Dopo un lunghissimo travaglio, il centrosinistra ha un candidato a sindaco. Ora si può avviare il confronto politico tra i vari protagonisti. Con Gaetano Manfredi si schiera un ampio raggruppamento di soggetti politici. Vedremo quali saranno le reazioni del presidente della Regione, Vincenzo De Luca, e se quest’ultimo darà vita a un lungo “lenzuolo” di liste. Berardo Impegno, su il Riformista, chiede ad Antonio Bassolino di fare un passo indietro e di schierarsi con Manfredi: idea stravagante a cui si potrebbe rispondere chiedendo perché il Pd, in questi lunghi mesi, non ha voluto dialogare con lo stesso Bassolino che è certamente una figura prestigiosa e avrebbe potuto essere il “collante” per tutto il centrosinistra.

In realtà, nel campo a cui fa riferimento Impegno, vi sono state spinte diverse, ognuna delle quali indicava una soluzione. Il tavolo del centrosinistra si è dilaniato in uno scontro sulla candidatura in capo al Pd o al M5S, con i gruppi dirigenti locali incapaci di arrivare a una soluzione. È stata costretta a intervenire Roma per mettere in riga le diverse spinte del tavolo cittadino. Manfredi scioglie la riserva grazie al cosiddetto “patto per Napoli” firmato da Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza: una traccia utile, ma non la soluzione della drammatica situazione debitoria del Comune. In quelle pagine si indicano scelte che già appartengono, da molto tempo, al dibattito. È stato Bassolino, candidandosi, a sottolineare la drammaticità della situazione economico finanziaria che si compone in un deficit di circa tre miliardi di euro, e a sollecitare il Parlamento e il Governo affinché s’impegnassero a trovare una soluzione per tutte le grandi città oppresse da debiti altissimi.

Come Napoli c’è Torino, c’è Bari e la gran parte delle città metropolitane. Occorre un intervento normativo strutturale che dia la possibilità ai singoli Comuni di separare il debito dalla gestione corrente, consentendo un ripiano concordato nei cinque anni, e preveda uno stanziamento importante nella legge di stabilità. Queste cose, mentre il centrosinistra litigava, Bassolino le aveva già poste con chiarezza. Per avere questa opportunità non c’era bisogno prima del “gran rifiuto” e poi del ritorno di Manfredi. Il risanamento economico riguarda tutti e pesa come un macigno sul giudizio politico negativo sull’amministrazione di Luigi de Magistris.

Bassolino non deve fare alcun passo indietro: da sempre appartiene al mondo progressista e ha scelto di essere in campo per rinnovare la politica, andando oltre i potentati e i capibastone e ricostruendo con tanta gente appassionata una nuova storia del governo democratico di Napoli. Non basta il “patto per Napoli” ad annullare le differenze. Ci sono dieci anni di confusione e consociativismo tra il Pd e la giunta arancione, cosa che si è riproposta proprio in questi giorni con l’elezione del capogruppo Pd a presidente della Commissione consiliare sulla mobilità: la negazione di uno schieramento progressista capace di fare un’opposizione rigorosa e costruire un’alternativa. La posizione che Bassolino ha assunto – e molti con lui – riguarda anche la cultura politica, l’identità, i valori di una sinistra riformista.

È stata compiuta una scelta coraggiosa con forte spirito civico, partendo dalla città “scassata” e dialogando con i napoletani per ricostruire un tessuto di opportunità possibili. Ridurre il confronto, come fa Impegno, non serve a nulla, anzi scava fossati. Manfredi si confronti con Bassolino, riapra il dialogo chiuso dal Pd napoletano, costruisca una leale competizione sulle scelte programmatiche strategiche. Si vada alle urne al primo turno in un clima utile alle forze riformatrici e si costruisca una soluzione unitaria per il ballottaggio.