«Giambattista Vico, parlando di Napoli, disse che “vissero in una somma solitudine di animi e di voleri, non potendovi appena due convenire, seguendo, ognun de’ due, il suo proprio piacere e capriccio”. E oggi Napoli è questo: una città abbandonata al proprio destino che ha un disperato bisogno di una classe dirigente degna di questo nome. Manfredi? La sua candidatura è legittima come quella di Fico, ma preferisco non votare piuttosto che sostenere il patto tra Pd e M5S»: ecco il pensiero del filosofo Biagio de Giovanni sul futuro della capitale del Mezzogiorno.

Professore, com’è cambiata la città in questi ultimi anni?
«Oggi la città è sostanzialmente invivibile dal punto di vista delle cose comuni e ognuno fa quel che vuole. È una città abbandonata a se stessa.  È in uno stato di anonimato: Napoli non c’è più, non è più niente se non la grandezza di se stessa passata. Ma quello è, per l’appunto, il passato».

Cosa pensa dell’amministrazione targata Luigi de Magistris?
«È stata, senza alcun dubbio, la peggiore amministrazione che Napoli abbia avuto nella storia della Repubblica. È stata un’amministrazione incolta: nulla sapeva dei problemi di Napoli, nulla è stata in grado di capire, e la strategia del Sindaco è stata “fate quello che volete purché mi lasciate in pace”. De Magistris, a modo suo, ha avviato una dimensione comunale populistica: il popolo mi ha votato, sono il rappresentante del popolo e non di un’istituzione, di una dimensione politica o di un’opposizione che combatte».

E l’assenza di lotta e di dibattito si riflette nell’attuale classe dirigente napoletana: qual è la sua opinione in merito?
«Non c’è una classe dirigente politica. Qui c’è stata una caduta libera con un riflesso anche sul resto. Le categorie professionali, la società civile, gli imprenditori, se non hanno un punto di riferimento istituzionale, possono anche far bene il loro mestiere, ma non partecipano più a uno spazio pubblico di dibattito che a Napoli non c’è più stato perché non c’è stata un’opposizione: il Pd ha fatto il servo di de Magistris».

Si parla di un’ormai quasi scontata alleanza tra Pd e Movimento Cinque Stelle. Cosa ne pensa?
«A livello nazionale, considero i cinque stelle il cancro della democrazia italiana. Napoli ha subìto queste ventate populiste. Personalmentenon voterò mai un’alleanza tra Pd e M5S, a costo di non andare a votare. Ma il vuoto di idee riguarda tutti i partiti: ora non c’è più niente. Qualcuno mi sa dire cosa pensa il Pd di Napoli? Oppure cosa pensa la destra della città? Lasciando stare l’ultima vicenda della candidatura di un magistrato…»

Professore, parliamo proprio di questo: della (possibile) candidatura del pm Catello Maresca a sindaco.
«Non ho nessuna riserva sulla persona. Anzi, si parla bene di lui come pubblico ministero, ma che un pubblico ministero in carriera a Napoli stia da mesi a dire “forse mi candido” è una cosa inconcepibile e grave, direi del tutto inaccettabile all’interno di una società normale. Oramai da anni stiamo assistendo a una politicizzazione della magistratura che poi ha portato agli scandali odierni. Siamo guidati da una corporazione politica, non da un ordine neutrale quale dev’essere la magistratura. Un magistrato in carica non si deve occupare di politica, se lo vuole fare che si dimetta. Ci vorrebbe la reazione di un’opinione pubblica che ovviamente non c’è».

E degli altri possibili candidati cosa pensa?
«Alessandra Clemente avrà pure delle capacità ma, a mio avviso, tutto ciò che riguarda questa amministrazione va abolito. Roberto Fico è il presidente della Camera, ho i miei dubbi che lasci la terza carica dello Stato per andarsi a ficcare in una situazione così improbabile come quella napoletana. Gaetano Manfredi ora non è più ministro e la sua candidatura, come quella di Fico, è legittima».

In campo c’è anche Antonio Bassolino.
«Inutile nascondere la mia simpatia per lui. Bassolino è un professionista della politica ed è un aspetto fondamentale perché io sono di quelli che considera la politica una professione, non un lavoro che si fa improvvisando. È la garanzia che la politica torna in campo».

Qualcuno, però, ha obiettato sulla sua età…
«Qui esistono solo dei personaggi ambigui che giocano nel sottobosco. La sua età potrebbe essere garanzia non solo di competenza, ma di una persona che non ha un altro futuro politico: lo fa solo per Napoli. Per di più in un momento in cui c’è un deserto: nessuno si decide a esprimere gli altri candidati, il che è uno scandalo».

A prescindere da chi prenderà le redini della città, quali dovranno essere le sue priorità?
«Non vorrei fare un elenco, posso dire cose elementari ma che credo siano fondamentali. Innanzitutto Napoli deve tornare a essere Napoli, deve essere reinterpretata come un importante polo nazionale. La città è scomparsa, ma ha delle eccellenze, università e centri di ricerca in primis. Nel momento in cui i centri di ricerca sono al centro dell’attenzione a livello nazionale, Napoli dovrebbe avere il compito di rivitalizzare questo ambito. E ancora, Napoli e il Mezzogiorno per la prima volta avranno importanti finanziamenti, il prossimo sindaco dovrebbe mettere le imprese e i professionisti al centro del programma. Dovrà rivitalizzare il mondo imprenditoriale, che a Napoli è molto ricco. Rivitalizzare le imprese vuol dire dare vita agli imprenditori, quindi al ceto medio che è l’asse della classe dirigente. E poi c’è il dramma delle periferie, perché il rischio è che nella situazione post pandemica da questi luoghi venga fuori qualcosa di pessimo. Quindi dovrà essere una delle priorità: serve dal Governo e dal Comune una forte spinta per i luoghi periferici. Si può riformare una classe dirigente solo mettendo insieme il ceto medio e guardando  alle periferie».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.