Giovanni Toti, il governatore ligure che sta traghettando Noi Moderati nell’alveo di Forza Italia, non ha dubbi: se a Tajani fosse chiesto di fare il prossimo presidente di Commissione Ue, sarebbe un bel colpo per tutti. «Sicuramente ha il curriculum per farlo. Ne ha capacità e statura. Alla Farnesina sta facendo bene. In Europa è cresciuto. Ovviamente tutto dipende da che tipo di maggioranza si produrrà dopo il voto. Di sicuro se la maggioranza Ursula ha dato risposte in termini di stabilità e di efficacia, per come la vedo io, su temi come la crisi russo ucraina e/o il Covid, in materia di transizione verde ha avuto un approccio ideologico penalizzante. Quindi, si a Tajani”.

Non sappiamo quanto l’interessato consideri possibile questa opzione, ma quello del più alto scranno europeo è certamente un piatto allettante. La sua indicazione all’apice delle istituzioni europee però non fa gola solo a Tajani stesso. Giorgia Meloni potrebbe rivendicare un successo storico del suo governo, liberandosi al contempo dalla presenza ‘incombente’ del suo unico alleato in costante crescita. Il Partito popolare europeo si vedrebbe premiato nella massima istanza istituzionale con un poker che chiuderebbe la serie consecutiva iniziata con Barroso, poi Junker, oggi Von der Leyen. E l’Italia tornerebbe a presiedere la Commissione vent’anni dopo Romano Prodi e a cinquantacinque dalla presidenza del Dc Franco Maria Malfatti. Forza Italia diventerebbe Forza Europa: senza più il padre fondatore e a quel punto senza più il delfino designato, Antonio Tajani, il tesoretto elettorale che oggi vale tra l’8,5 e il 12% tornerebbe contendibile dai suoi colonnelli. Che infatti sembrano elettrizzati, infervorati. Il vicesegretario Roberto Occhiuto, governatore della Calabria, si sta facendo apprezzare – a poco più di due mesi dalla sua nomina al congresso Fi dell’Eur, a Roma – e sta mettendo a regime il rapporto con il territorio. Lato tesseramento, i numeri sono da record. Ci sarebbero venti circoli che hanno ripreso vita, dalle grandi città ai Comuni di provincia, solo negli ultimi sessanta giorni. Un circolo che apre, o che riapre, ogni tre giorni. Sabato scorso è stato inaugurato l’ultimo, nel centro di Ferrara, dove a tagliare il nastro c’era il sindaco Alan Fabbri.

La concomitanza con le tante elezioni amministrative aiuta, certo. Ma il vento in poppa dei sondaggi fa la differenza. “FI è cresciuta molto nell’ultimo mese, non escludo possa ulteriormente crescere. È favorita dall’esigenza di elezioni di tipo europeo”, tratteggia Fabrizio Masìa, EMG Different. Se FdI ha plafonato, avendo raggiunto l’apice del consenso possibile, e la Lega di Salvini implode, ecco che il voto liberale e popolare si riversa su quella che Berlusconi, Bonaiuti e Gianni Letta indicavano – già agli albori, nel 1994 – come polo di attrazione a lungo termine dei conservatori moderati. C’è però anche un dato nuovo. “Hanno un elettorato stabile e convinto che però è anche nuovo”, ci dice il sondaggista Antonio Noto. “Dall’analisi dei flussi vedo anche giovani o elettori moderati che prima non li votavano perché c’era Berlusconi. Cambia la base elettorale ma FI consolida o cresce, sempre”. E arriva l’inevitabile crisi di crescita. Se Tajani prendesse la via dell’Europa, il congresso da poco celebrato sarebbe chiamato a riunirsi di nuovo.

Ed ecco che si segnalano iniziative, sul territorio, dal sapore nazionale. È il caso della giornata di sabato scorso a Milano, dove l’ex sindaca azzurra, Letizia Moratti, presidente della Consulta nazionale degli imprenditori di Forza Italia, ha riunito decine di grandi elettori. Tra loro, il presidente del Centro studi Autonomi e partite Iva, Eugenio Filograna, che con FI è stato in Senato. “Gli autonomi e partite Iva in Italia sono cinque milioni e devono affrontare una tassazione ancora troppo elevata e una burocrazia ostile”, ha detto presentando alcuni punti del libro bianco sulle partite Iva. Questo esercito di piccoli imprenditori, autonomi, liberi professionisti è il cuore della rimonta azzurra e Letizia Moratti ne fa uno dei suoi punti di forza. Così come l’elettorato dei piccoli proprietari immobiliari e più in generale la classe media, tradita da un potere d’acquisto indebolito. La sua ultima battaglia è sull’adeguamento europeo Green house: “La direttiva Ue sulle Case Green, che Forza Italia non ha votato, è pericolosa perché impone in tempi non raggiungibili di rivedere le classi energetiche delle nostre case”, dichiara Moratti. Che saetta in questi giorni da una piazza a un’altra per lanciare le candidature azzurre alle Europee con cui costruire il ticket (uomo-donna) previsto dalla legge elettorale. Già, perché queste saranno le sue elezioni. “Intendo candidarmi alle elezioni Europee dell’8 e 9 giugno. È stata una riflessione lunga ma penso che tali elezioni siano molto importanti per rafforzare, attraverso Forza Italia, il Partito Popolare Europeo che è un argine a una destra estrema, che vuole indebolire e distruggere l’Europa, e una sinistra molto ideologica che non riesce a tenere un equilibrio tra una sostenibilità ambientale, una sostenibilità economica e una sostenibilità sociale”. Il manifesto Moratti è un programma che guarda oltre le Europee. Se Tajani fosse chiamato davvero a un mandato al vertice della Commissione, la candidatura di Moratti alla guida di FI sarebbe nelle cose.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.