Tenuta del Travale è un esperimento unico nella viticoltura calabrese. Ho avuto l’opportunità di visitarla l’anno scorso, nel pieno di un anno pandemico, e ho scoperto una piccola perla nascosta. Che grazie alla dedizione e alla determinazione dei titolari è oggi una punta di lancia dell’enologia locale. “Abbiamo comprato la casa colonica nel 1993. Era fatiscente. C’erano anche cinque ettari di terreno incolto e abbandonato. L’obiettivo era quello di vivere in campagna da sposati”. A parlare è Raffaella Ciardullo, insegnante di lettere a Cosenza. Siamo a Rovito, in contrada Travale, intorno ai 500 metri sul livello del mare. Da una parte si intravvede Cosenza, il capoluogo di provincia. Dall’altra, si alza la Sila, la catena montuosa che dà un’impronta unica al territorio circostante.

“Nel 2007 la passione per il buon vino ci spinge a reimpiantare i vigneti. Scegliamo Nerello Mascalese e il Nerello Cappuccio”, racconta Raffaella, mostrandomi le vigne. Un luogo davvero suggestivo. Un anfiteatro di vigne davanti al bosco. Con 680 alberi di ulivo espiantati e poi ripiantati proprio per essere disposti a corona delle vigne. Anche se non sembra, il lavoro di questa famiglia è stato fondamentale. In passato la zona era vitata, ma aveva perso parecchio di quella storia. Appena due ettari per un totale di 10-12 mila bottiglie prodotte con un’attività che è corretto definire sartoriale e un’attenzione all’agricoltura naturale e sostenibile. Anche nei piccoli dettagli. “Abbiamo le cavalle che entrano nelle vigne e con gli zoccoli smuovono il terreno. Ho fatto piantare duemila piante di lavanda. Attirano le farfalle. Mi sembra di stare a Petaloudes, la Valle delle Farfalle di Rodi. E poi le piante officinali tengono lontani gli insetti”, racconta con orgoglio e soddisfazione Raffaella. “Ci ispiriamo alla Borgogna”, assicura.

I risultati arrivano. I vini di Tenuta del Travale in pochi anni hanno scalato le classifiche del vino italiano, conquistando prestigiosi riconoscimenti come, per esempio, i tre bicchieri del Gambero Rosso. In Calabria il vino si fa da millenni, ma in epoca contemporanea non può vantare una tradizione vitivinicola significativa. Anche Tenuta del Travale ha una storia giovanissima. E davvero viene spontaneo chiedersi com’è possibile che in questa minuscola enclave naturale possa aver attecchito un progetto così bizzarro e ambizioso. Racconta Raffaella: “Nicola, mio marito, ha fatto il corso di sommelier Ais e si è innamorato del Nerello Mascalese per la sua eleganza. Lui è avvocato, io insegno lettere. Siamo complementari. Io torno da scuola e faccio la factotum in azienda”. Poi arriva la frase decisiva, quella che fotografa l’eccezionalità di questa storia: “Abbiamo studiato per ‘ritornare indietro’. La natura ti chiama non hai tempo di rassegnarti”. Sì, Raffaella sembra tornata indietro. “Mi sono laureata in russo a Roma. Lavoravo alla Mondadori e non volevo tornare indietro. Sono tornata per amore e ho scoperto questa vita”. Ma questo ritorno non è stata una regressione, bensì una riscoperta e il rilancio di un progetto più grande, anche se non programmato.

Anche per Nicola Piluso, il marito di Raffaella, l’impresa vitivinicola sembra un ritorno alle origini. Nicola non ha fatto l’agronomo come il padre, ma alla fine è “tornato indietro” pure lui. Racconta: “La scelta del Nerello è solo apparentemente bizzarra. Nessuno sa che il Nerello Mascalese qui era di fatto un vitigno autoctono. Ma si era perso. È un vitigno tignoso ma qui attecchisce subito. Io lo amo per la finezza che riesce ad esprimere”. Poi, un po’ di spiegazioni tecniche. Una vendemmia realizzata a parcelle per i due campioni della cantina: Eleuteria ed Esmen Tetra. Diradamento fino ad arrivare ad 1kg per piante (da 5 che erano). Un terreno franco (a 520 metri slm) fatto di argilla, ghiaia, roccia e sabbia. Un clima favorevole in un luogo che conosce anche la neve per 3-4 giorni all’anno, rinfrescato dai venti freddi della Sila, con escursioni termiche importanti decisive per fissare le componenti aromatiche dell’uva. “Siamo in un posto straordinario. In 15 minuti sei sulla Sila. Camigliatello sta a 1200 metri. Qui a Rovito, la contrada Travale si mostra come una schiena sulla roccia, ricca di fossili marini. Un torrente fa da confine con Lappano. Un altro torrente fa da confine con un’altra contrada: Rianico. Abbiamo pochissimo oidio e peronospera. Pochissimi i trattamenti. Godiamo di un caldo secco e di un clima asciutto: qui niente zanzare”, racconta Nicola. La tenuta propone in sostanza due espressioni: quella delle vigne esposte a sudest e quella delle vigne esposte a nordovest. Da una parte c’è la zona ‘anfiteatro’. Dall’altra, il lato ‘maneggio’ dove le vigne sono più concentrate a terrazze. Date le caratteristiche del territorio tutto si deve fare a mano. La vendemmia varia sulla base della maturazione delle parcelle: in genere, si parla di metà o fine ottobre. “La prima vendemmia risale al 2014. Il che significa 7 anni di attesa e di sperimentazioni. E la 2014 è uscita nel 2016”, ricordano Nicola e Raffaella.

L’azienda si affida alle sapienti mani di Emiliano Falsini, enologo, e di Stefano Dini, agronomo. Due consulenti d’eccezione. Ma all’inizio non fu così facile. La storia la racconta Nicola. “Quando chiamai Falsini per fargli la proposta mi rispose allibito: ‘Calabria? Ma che volete fare qua? Un top wine? E a chi lo vendete?’ Io gli risposi: ‘al limite me lo bevo io’. Ha pensato che ero pazzo. Ma per lui è diventata una sfida. Aveva dei pregiudizi, ma voleva mettere il piede qui con lo spirito dell’esploratore e del pioniere”. Alla fine Falsini resta intrigato dalla entusiasta fermezza di Nicola. Il passaggio successivo era quello di convincere il pubblico. “La prima partecipazione al Vinitaly fu umiliante. Tutti saltavano la Calabria”, ammette Nicola. Ma il successo ormai bussa alla porta. “C’è chi è rimasto sbalordito per il nostro vino proponendolo ai propri agenti che all’inizio non volevano nemmeno assaggiarlo. Dicevano: ‘nella carta dei vini la Calabria non c’è!’ Oggi, però, tutti si sono ricreduti”, conclude Nicola. A partire proprio dall’enologo. “Falsini è il nostro primo estimatore e promoter. La Calabria lo ha conquistato al punto che ha cominciato a collaborare anche con altre importanti aziende del territorio come Casa Comerci e Antonella Lombardo”.

Infine, i vini. Nel corso della vinificazione si fa uso di lieviti indigeni e malolattica spontanea. Eleuteria sta in botte per 18 mesi, Esmen Tetra per 12. Nicola ha voluto dei tonneau di castagno indigeni lavorati da maestri d’ascia siciliani, ma si usano anche barrique di rovere Allier provenienti dalla Borgogna di secondo passaggio. I vini trascorrono i sei mesi finali in acciaio. Abbiamo assaggiato insieme i due campioni della tenuta.

Esmen Tetra Rosso Calabria Igp 2019

Racconta Nicola: “All’inizio si chiamava Aleteia. Ma era un marchio registrato in Chianti e abbiamo dovuto modificarlo. Decisione presa in una notte. Per mantenere il greco abbiamo scelto questo nome che significa ‘noi quattro’. È un riferimento alla nostra famiglia”. Con Raffaella e Nicola ci sono infatti Matilde e Carlotta, le figlie che studiano giurisprudenza a Roma. Nerello Mascalese con piccole percentuali di cappuccio. Affinamento di 12 mesi. Colore granato scarico trasparente. Naso: liquirizia, bacche rosse, erbe officinali, impatto floreale. Bocca sapida, fine, elegante. Sorso fresco. Buona persistenza. Si può servire anche a temperature più basse d’estate.

Eleuteria Rosso Calabria Igp 2016

Etichetta disegnate a Marsala e mandata a Firenze. Rappresenta una miniatura di Gioacchino da Fiore che nasce in un paesino attaccato a Rovito. Lo stemma presenta un cane corso che mangia dell’uva con i tre gigli fiorentini. Era lo stemma di ghibellini fuggiaschi. Nerello mascalese in purezza. Affinamento di 18 mesi. Colore granato scarico ma più intenso. Naso: frutti rossi, ciliegie sotto spirito, sfumature erbacee, liquirizia. Vino più caldo e corposo. In bocca emerge la struttura, ma il palato resta fresco e pulito. Molto lungo ed elegante con una scia sapida importante. Grande armonia gusto-olfattiva. Tenuta del Travale è anche socia della Fivi, la federazione dei vignaioli indipendenti e ha partecipato con successo alla selezione dei MicroMegaWines di Ian D’Agata al Vinitaly: 36 ‘micro’ cantine con ‘mega’ vini. La prova ulteriore di una Calabria di successo che va ben al di là dei confini nazionali

Journalist, author of #Riformisti, politics, food&wine, agri-food, GnamGlam, libertaegualeIT, Juventus. Lunatic but resilient