L’adesione all’Isis, il possesso di materiale inneggiante alla jihad contro l’Occidente e l’intenzione di sacrificarsi per la causa islamica. La storia di Halmi Ben Mahmmoud Mselmi, 28enne tunisino, fermato venerdì in Calabria dagli agenti della Digos, è un nuovo campanello d’allarme che ci ricorda come il terrorismo religioso in Europa sia un fenomeno ancora lontano dalla sua estinzione. Così come non si è estinta ma, al contrario, è stata intensificata l’azione di controllo realizzata dai nostri servizi d’intelligence.

Il dossier sui finanziamenti internazionali a Hezbollah, realizzato dai ricercatori Ottolenghi e Citrinowicz e analizzato nell’edizione di venerdì de Il Riformista, aveva scoperchiato il vaso di Pandora mostrando come, tra i clienti delle azioni illecite portate avanti dal gruppo terroristico, figurasse anche la criminalità organizzata in Sicilia e in Calabria. Mentre l’Iran contribuisce al foraggiamento dell’organizzazione “soltanto” per il 30% – come riporta il dossier – il restante 70% delle risorse economiche viene ricavato da attività come tratta di esseri umani, commercio di droga e traffico d’armi. Un intreccio profondo che evidenzia come le cellule terroristiche in Europa e in Italia siano ancora radicate. Ed ecco che il giorno successivo arriva la notizia del fermo di un militante dell’Isis, residente a Cosenza e pronto a compiere un attentato nel nostro paese.

La vita in Calabria

In Calabria, Mselmi si era costruito una vita, lavorando ogni tanto come muratore per crearsi una facciata. Ma intanto cercava di fare proseliti nella comunità musulmana locale, trasmettendo la dottrina dello Stato islamico. Arrivato in Italia dalla Tunisia, dove era ricercato, gli inquirenti lo avevano seguito nei suoi spostamenti già dal 2023, in quanto membro di un’organizzazione che aveva prestato giuramento all’Isis. Mselmi, dopo il suo arrivo, continuava a mantenere contatti con le cellule terroristiche del suo paese d’origine, diffondendo video del Daesh e comunicando, attraverso piattaforme social come Messenger, con gli altri militanti.

Oltre alla propaganda, l’organizzazione di cui faceva parte il 28enne rivestiva un ruolo di spicco anche nell’immigrazione clandestina dalla Tunisia verso il nostro paese, a riprova del legame tra i gruppi terroristici e le attività illecite, che non hanno mai smesso di affliggere la regione mediterranea, ma sono invece aumentate con il conflitto in Medio Oriente.