Stavolta a fare irruzione al Salone del libro di Torino – mai edizione tanto movimentata come quella di quest’anno – è stato il garantismo. Quest’oggetto misterioso e temuto, questa pratica proibita nella corte delle Corti, dove il bacio della pantofola e l’inchino alla toga sono prassi codificate e indiscusse, ha fatto la sua comparsa nella kermesse più importante dell’editoria italiana. Con un balzo irriverente, sotto agli occhi sgranati dei presenti, ecco le parole di Otello Lupacchini, Mario Oliverio, Mimmo Lucano – messe insieme da Adriana Tomas – dare scandalo. “Pregiudizio di Stato – quell’Italia a sovranità limitata – il caso Oliverio”, edito da Città del Sole si è saputo imporre almeno per un giorno come il più dibattuto dei libri in mostra.

A coordinare la presentazione Franco Arcidiaco, editore del libro, che ha introdotto la manifestazione con un puntuale intervento sullo stato della giustizia in Calabria, definendo l’operazione giudiziaria tessuta contro Oliverio “un vero e proprio golpe”. Il pensiero, va da sé, corre in Liguria e prova a guardare a Giovanni Toti alla luce del dubbio, più che del sospetto. Il volume propone una indagine fatta da chi ha osservato da dietro le quinte la stagione politica 2014-2020, dal governo Renzi a quello Lega – 5 stelle. “Non si tratta di errori giudiziari” – ha esordito Adriana Toman nel suo intervento – “sono vere e proprie costruzioni accusatorie in cui spesso chi istruisce le indagini non ha remore a manipolare fascicoli e persino le trascrizioni delle intercettazioni, come constatato dagli avvocati Enzo Belvedere nel caso di Oliverio e Andrea Daqua in quello di Lucano”.

La Calabria è considerata uno spazio off limits del Paese, in cui vige la sospensione delle regole costituzionali. Nella prefazione al libro l’ex Procuratore Generale di Catanzaro Otello Lupacchini riferisce un quadro inquietante: “Accade di dover constatare che anche nei palazzi di giustizia alloggiano, comodamente incistati da grassi parassiti, esemplari di tal specie in toga e tocco, usi inventare complotti, screditare o minacciare colleghi, scippare dossier ad altre autorità giudiziarie, simulare indagini su fatti asseritamente «delicati e gravi», per poi archiviarle alla chetichella, dopo anni di reiterate abnormità, costosissime per l’erario; origliare abusivamente le conversazioni degli inquisiti coi difensori; svendere la funzione giudiziale, in cambio di soldi e altri vantaggi, personali e familiari”.

“Il bullismo giudiziario” – ha concluso la Toman – “arreca alla magistratura un danno paragonabile a quello che la pedofila arreca alla Chiesa. Una drammatica perdita di autorevolezza e di credibilità”. Gli ha risposto l’ex presidente della Regione Calabria, Oliverio:Giustizialismo e populismo sono due aspetti di una deriva lesiva dei diritti costituzionali. Una malattia cancerogena per la vita democratica e per gli stessi diritti della persona. Accusato, posto ai domiciliari e costretto alle dimissioni, La Corte di Cassazione non ha esitato a definire quel provvedimento “frutto di un chiaro pregiudizio accusatorio” e “privo di indizi di colpevolezza”. Infine, Oliverio è stato assolto da tutto. E nessuno è stato chiamato a darne conto. Neanche il suo Pd, che guarda caso non ha trovato il tempo di fare a Oliverio una telefonata di scuse.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.