Non fu peculato: assolto a Catanzaro di nuovo Mario Oliverio, ex Presidente della Regione Calabria. E intanto a Reggio, Giuseppe Falcomatà, condannato anche in appello a un anno di reclusione per abuso d’ufficio, è un “sindaco sospeso” in eterno, a causa della legge Severino. I giudici di Catanzaro hanno assestato un altro sonoro schiaffone alla Procura di Catanzaro e al loro capo Nicola Gratteri, oltre che a quel Pd che in questi anni ha preferito sacrificare i suoi figli migliori e lasciar distruggere il partito in Calabria pur di inseguire i pubblici ministeri e il Movimento cinque stelle. La vicenda di oggi è piccola cosa rispetto alla storia del recente passato.

Ma non è insignificante nella vita di una persona, di un uomo politico costretto a vivere con inchieste a raffica sulla propria testa. Secondo l’accusa i 95.000 euro che la giunta calabrese aveva speso nel 2018 per promuovere le bellezze turistiche della regione partecipando al “Festival dei due mondi” a Spoleto, e al talk “I dialoghi di Paolo Mieli”, erano in realtà serviti per pagare “una personale promozione politica” del Presidente Oliverio e del suo partito. Insieme a lui erano accusati anche il deputato del Pd Ferdinando Aiello e l’organizzatore di eventi Mario Luchetti. Il pubblico ministero aveva chiesto quattro anni di carcere per Oliverio e due anni e otto mesi per gli altri due imputati. Il tribunale ha assolto. Gli uffici del procuratore Gratteri hanno dimostrato anche questa volta di non demordere mai. Quasi mai, per la precisione. La notizia è passata inosservata, nessuna conferenza stampa né interviste televisive quando, dopo la clamorosa assoluzione dello stesso Oliverio nell’inchiesta “Lande desolate”, quella che ha cambiato il destino politico della Calabria, la Dda di Catanzaro prendeva la ancor più clamorosa decisione di non ricorrere in appello.

Il che sarebbe un fatto apprezzabile, in generale, ma in questo caso interpretabile solo come disperazione, dopo che la Cassazione prima e poi la stessa Europa, titolare dei fondi che sarebbero stati usati per alimentare corruzione e malaffare, avevano addirittura irriso le modalità con cui gli uomini di Gratteri avevano condotto le indagini. Avevano puntato gli occhi sulla seggiovia di Lorica, la realizzazione di piazza Bilotti a Cosenza e l’aviosuperficie di Scalea. Tutte opere realizzate con i fondi europei. Qui c’è puzza di bruciato, aveva detto il procuratore Gratteri, e in un’intervista a Rai 1 dichiarava che “con quasi 17 milioni di euro la Regione ha contribuito a ‘ingrassare’ alcune cosche grazie a lavori non eseguiti o eseguiti in minima parte”. E aveva chiesto per Oliverio la detenzione, che il gup non aveva condiviso neanche nella forma domiciliare, decidendo però per il Presidente della Regione il confino al suo paese, San Giovanni in fiore, provincia di Cosenza. Molto comodo, per amministrare.

Altri giudici poi, quelli della cassazione, lo avevano liberato, accusando anche gli uomini della Dda, che avevano basato le loro accuse solo su alcune intercettazioni, di scarso senso dell’ironia, scrivendo nelle motivazioni dell’annullamento della misura cautelare che “la chiave di lettura delle conversazioni lette e interpretate senza considerare l’intonazione canzonatoria e irriverente assunta dagli interlocutori…muove dal chiaro pregiudizio accusatorio”. Pregiudizio, dunque. Un sospetto molto grave, per un magistrato. Ma l’altro fatto grave, mentre montava la gogna mediatica ispirata anche da ambienti istituzionali, è che l’Unione Europea, sempre cauta nel controllare la destinazione dei fondi erogati, aveva, per “ragioni prudenziali”, bloccato 131 milioni di euro destinati alla Regione Calabria. Un bel danno economico dunque, unito a quello politico e mediatico. Saranno poi proprio i tecnici europei, già nel novembre del 2019, a eseguire controlli a tappeto su tutte le opere e i cantieri e a rilevare che nessuna frode era stata compiuta, a parte qualche piccola irregolarità amministrativa di routine.

Ecco perché, dopo l’assoluzione di Oliverio del gennaio del 2021, la Dda di Catanzaro non si è appellata, rendendo così definitiva la sentenza. Troppo tardi, per la sinistra di Calabria. Perché nel frattempo, mentre il procuratore Gratteri lanciava, nel dicembre 2019, l’operazione “Rinascita Scott” con centinaia di arrestati e metteva a ferro e fuoco la Calabria, gli impavidi uomini del Pd mettevano le vesti dei grillini e si avviavano al suicidio politico, le cui ferite sono ancora aperte. Oliverio fu abbandonato al proprio destino, mentre Gratteri era di fatto il numero uno che condizionava la campagna elettorale. Il Pd candidò un imprenditore del tonno, quel Pippo Callipo che subito disse che con lui presidente nessuno avrebbe dovuto più bussare alla porta di “politici e mafiosi”. Inutile genuflessione ai magistrati. Così il 26 gennaio 2020, proprio a ridosso del blitz “antimafia”, Jole Santelli e il centro destra strapparono la Calabria alla sinistra. Lo sconfitto Callipo non rimase neppure un giorno a fare il consigliere regionale. E il settimanale L’Espresso dedicò quindici pagine alle elezioni regionali calabresi titolando “Calabrexit”. Un invito a scappare dai luoghi dove si governava con la ‘ndrangheta. Storie di Calabria.

È finita? In Calabria nulla finisce come dovrebbe. Così, nella stessa giornata dell’assoluzione di Oliverio a Catanzaro, un’altra notizia di politica giudiziaria, una bomba che dovrebbe destare l’attenzione dello stesso ministro Nordio, arriva da Reggio. Il sindaco Giuseppe Falcomatà del Pd è stato condannato anche in appello a un anno per abuso d’ufficio. Perché è rilevante la notizia? Perché il primo cittadino della città di Reggio Calabria è in questo momento già un “sindaco sospeso”, cioè non in funzione, a causa dell’ applicazione della “legge Severino”, in seguito alla condanna nel processo di primo grado di un anno fa a sedici mesi di carcere. Pena sospesa, ma anche il ruolo di sindaco. In questo momento quindi, nella città calabrese, c’è un sindaco facente funzioni, oltre a un altro che funge da primo cittadino della città metropolitana. Con la condanna di ieri al processo d’appello, pur con la pena ridotta a un anno, si aggiungono altri dodici mesi di sospensione dall’incarico. Un’eternità. Falcomatà è condannato per aver agevolato un imprenditore amico nelle procedure dell’affidamento della gestione dell’hotel “Miramare”. Avrebbe saltato le procedure di evidenza pubblica e non avrebbe lanciato nessun bando. Le solite vicende amministrative, simili a quelle dell’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, che però aveva anche subito il carcere e la gogna. Che dire? Ministro Nordio, dia un po’ un’occhiata alla Calabria, per favore.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.