Per il tribunale penale di Catanzaro il fatto non sussiste, ma la Corte dei Conti si allinea alla procura di Nicola Gratteri e condanna ugualmente Mario Oliverio per danno erariale. Le telenovelas della Calabria giudiziaria paiono non finire mai. Anche nei piccoli processi, ammesso che sia una cosuccia di tutti i giorni un’accusa di peculato. Bisogna tornare al 2018, quando la Regione Calabria aveva partecipato al Festival dei due mondi di Spoleto per promuovere le bellezze turistiche del proprio territorio, investendo nell’evento 95.000 euro. Per la procura di Nicola Gratteri la cifra in realtà era stata spesa per pagare “una personale promozione politica” del presidente Mario Oliverio e del suo partito, il Pd.

Di lì l’imputazione di peculato, il rinvio a giudizio e il processo, nel quale la rappresentante dell’accusa Graziella Viscomi aveva chiesto quattro anni di carcere. Ma il fatto non sussiste, ha decretato il tribunale, nel processo di primo grado. Quindi l’ipotesi dell’accusa era miserevolmente crollata, il 9 novembre del 2022. Come del resto era finita in niente l’altra inchiesta per corruzione e abuso d’ufficio nei confronti dell’ex presidente della Regione Calabria, quella intitolata “Lande desolate”, quella che aveva determinato un vero capovolgimento politico nella storia della regione. In quel caso si trattava della destinazione di fondi europei. In seguito a un’indagine della Dda di Catanzaro il procuratore Gratteri in un’intervista al Tg1 aveva dichiarato che “con quasi 17 milioni di euro la Regione ha contribuito a ‘ingrassare’ alcune cosche grazie a lavori non eseguiti o eseguiti in minima parte”. E aveva chiesto le manette per Oliverio. Senza però ottenerle, neanche nella forma attenuata di detenzione domiciliare.

Il gip però aveva stabilito per il presidente della Regione l’obbligo di firma al suo paese, San Giovanni in fiore, provincia di Cosenza, così mettendolo comunque in difficoltà per l’esercizio del suo mandato. Il problema divenne immediatamente politico, e il fatto determinò sul piano formale e anche sostanziale, la fine di una brillante carriera. A causa della proverbiale lungimiranza del Pd, a partire da quei giorni il governo della Calabria è passato al centrodestra che, dopo la breve stagione di Jole Santelli, ha saputo riconquistare i voti dei cittadini con le elezioni regionali del 2021 e la nomina di Roberto Occhiuto a Presidente. E intanto il procuratore Gratteri aveva lanciato la propria sfida alle cosche con l’operazione “Rinascita Scott” e la scommessa sulla famosa area grigia che avrebbe tenuto insieme la mafia con i livelli istituzionali e professionali e che sembrava cucita addosso all’avvocato Giancarlo Pittelli, tenuto sequestrato agli arresti per tre anni con l’evanescenza del concorso esterno.

La vicenda di Mario Oliverio è stata paradossale, perché il suo partito non l’ha ricandidato, mentre intanto il procuratore Gratteri, dopo che l’ex presidente veniva assolto perché il fatto non sussiste, non presentava appello. Forse ricordando le parole con cui la Cassazione, mentre annullava la misura cautelare, aveva irriso al modo in cui erano state interpretate le intercettazioni dagli uomini della procura. E anche il giudizio dei periti tecnici dell’Unione europea sulla gestione dei fondi da parte della Regione. Dopo controlli a tappeto su tutte le opere e i cantieri, aveva rilevato che nessuna frode era stata compiuta. Ecco perché la sentenza di assoluzione dopo il primo grado non aveva più avuto seguito. Fatto straordinario, sintomo di vergogna, prima di tutto. Si vergognava la procura di colui che si riteneva invincibile, ma non arrossiva la segreteria del Pd, da Zingaretti a Letta, per la svolta grillina sui processi, che ha di fatto giustiziato molti tra i suoi uomini migliori, non solo in Calabria.

Per quel che riguarda l’accusa di peculato, “La domanda del pubblico ministero risulta sostanzialmente fondata -scrivono i giudici contabili-e merita l’accoglimento integrale, atteso che nella fattispecie ricorrono tutti gli elementi costitutivi della responsabilità erariale”. E condanna l’ex residente della Regione Oliverio, in solido con l’imprenditore Mario Lucchetti e anche la dirigente regionale Sonia Tallarico (che al contrario degli altri due non era stata neppure imputata nel processo penale), a rimborsare alla Regione Calabria circa 90.000 euro, in quanto, secondo una propria valutazione, solo 4.500 sarebbero stati investiti per valorizzare il territorio. Tutto molto arbitrario, naturalmente. Tanto che, come previsto dall’articolo 652 del codice di procedura penale, qualora gli imputati fossero assolti in via definitiva con la formula piena, come accaduto in primo grado, nessun danno verrebbe riconosciuto ai danni della Regione né di altri soggetti. Ma il procuratore Gratteri avrà il coraggio di appellarsi contro le assoluzioni rischiando l’ennesimo flop, o resterà passivo con il rossore della vergogna come già nel processo “Lande desolate”? E il Pd, nel frattempo?

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.