Il consiglio di amministrazione di Tim ha approvato la vendita della rete di telecomunicazioni (NetCo) al fondo statunitense Kohlberg Kravis Roberts (Kkr): un’operazione da circa 20 miliardi di euro che dovrebbe concludersi entro l’estate 2024. Il cda della società ha approvato a maggioranza l’offerta vincolante di Kkr sulla rete. “Ieri è stato messo un tassello importante per la realizzazione del piano presentato a luglio 2022”, ha annunciato Pietro Labriola, ad di Tim. “Infatti il nostro cda ha approvato l’offerta di Kkr per l’acquisto della rete fissa e ha dato mandato all’Amministratore Delegato di negoziare un’offerta migliorativa per la vendita di Sparkle. Ci tengo a esporvi con chiarezza il mio punto di vista – ha scritto Labriola in una lettera ai dipendenti – La decisione presa dal Consiglio non riguarda le sorti della rete fissa, perché nessuno ritiene che questa operazione segnerà un freno al suo sviluppo (anzi!), né qualcuno può pensare che l’ingresso di un fondo d’investimento possa rendere meno italiana questa infrastruttura che insiste sul nostro territorio, peraltro soggetta al Golden Power e con la partecipazione del ministero dell’Economia e delle Finanze”.

Attesa per il closing

Il closing è atteso entro l’estate 2024 e “prevede che il prezzo del ramo d’azienda oggetto di conferimento in FiberCop sia soggetto ad aggiustamento (usuale per questa tipologia di operazione) al closing in relazione a determinati parametri e target predefiniti” come “la cassa e il debito trasferiti, il livello del capitale circolante, il costo registrato negli ultimi 12 mesi dei dipendenti trasferiti e il rispetto di alcuni obiettivi di investimento e di installazione della rete in fibra ottica”. Nel complesso potrebbero portare al pagamento a favore di Tim di “un importo massimo di 2,5 miliardi di euro”. Il riferimento principale è chiaramente alla possibile rete unica con Open Fiber. Inoltre fino a un massimo di 400 milioni potrebbero essere aggiunti con “l’introduzione ed entrata in vigore entro il 31 dicembre 2025 di incentivi di settore”. Una volta realizzato il closing, Tim scrive che potrà ridurre l’indebitamento finanziario di 14 miliardi.

Il nodo Vivendi

Ovviamente non è detto che tutto fili liscio. Vivendi, che detiene il 23,75% delle azioni, in una nota sostiene che “i diritti degli azionisti di Tim sono stati violati” e annuncia battaglia legale. Per i francesi, infatti, la vendita richiede non solo un voto straordinario degli azionisti, ma anche l’autorizzazione di un comitato interno al consiglio di amministrazione per le operazioni con parti correlate, dato il doppio ruolo del Tesoro come proprietario di Cdp, azionista di Tim, e investitore nella rete. Mentre il presidente del gruppo Salvatore Rossi comunica che “la cessione della rete a un investitore infrastrutturale come Kkr ha trovato anche l’apprezzamento del governo, che sosterrà questa operazione con ingenti risorse; ridà una prospettiva di crescita al gruppo Tim”. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ammette che Vivendi, principale azionista di Tim, ha i suoi diritti, ma il progetto NetCo “è quello”, quindi il governo va avanti per la sua strada. Il Mef ha partecipato all’offerta su NetCo e il cda di Tim l’ha accettata. “Vivendi ha i suoi diritti e li esercita”, ha ribadito Giorgetti che non sembra temere che il principale socio della tlc possa bloccare l’operazione. Eppure non è un mistero che anche su questo fronte delicato, come su Ilva, ci fossero delle divergenze tra Chigi e il Mef. Cioè tra Meloni e Giorgetti. Con il titolare dell’economia più cauto rispetto a Kkr. Del resto siamo molto distanti dalle promesse fatte in campagna elettorale. Quando, come per Alitalia, Fratelli d’Italia prometteva la nazionalizzazione e in ogni caso mai la vendita a capitali stranieri. E invece, se queste operazioni si concluderanno, l’incoerenza del centrodestra tra la campagna elettorale e la prova di governo, sarà una salvezza.