Il dibattito sul caso Maresca
“Toghe in politica fanno impressione, fermiamole”, parla il senatore Luigi Compagna
Senatore, perché i partiti non esprimono più candidati “allevati in casa” ma preferiscono cercarli nella magistratura?
«La prima causa è la trasformazione della giustizia: un tempo, i protagonisti erano i principi del foro, cioè i grandi avvocati; oggi sono i baronetti delle Procure. Tutte le riforme approvate nel corso del tempo hanno sempre e solo rafforzato il momento dell’esercizio dell’azione penale tralasciando quello del giudizio terzo e imparziale».
E questo come ha influenzato la politica?
«La politica ha reagito con pigrizia intellettuale. Oggi chi fa notizia? Gratteri che arresta mezza Calabria? Allora è lui il candidato governatore. Allo stesso modo, è la pigrizia che porta il centrodestra napoletano a biascicare il nome di Maresca. A me l’idea di un pm candidato fa impressione. E mi piace ancora meno l’idea che la politica possa essere quasi una naturale prosecuzione del processo penale».
Questa tendenza riguarda solo il centrodestra?
«Il centrodestra è andato per anni a caccia di esponenti della società civile e, in passato, pensò di averlo trovato addirittura in un pm come Di Pietro. Ma la pigrizia di cui parlavo prima è comune anche alla sinistra perché figlia della liquidazione della partitocrazia».
La sensazione è che la politica tenti di legittimarsi e di dare un’immagine pulita di sé candidando magistrati…
«È paradossale che la politica cerchi una nuova legittimazione attingendo a un potere dello Stato che, mai come in questo momento storico, è delegittimato dagli scandali. Il vero problema è che, soprattutto da Tangentopoli in poi, si è affermato il pregiudizio in base al quale chi nutre passione per la politica è un intrallazzatore. Ma chi ha detto che un uomo è onesto se fa il magistrato ed è un delinquente se fa il lustrascarpe? Questa forma mentis, basata sul presupposto che la partitocrazia fosse sinonimo di corruzione, ha distrutto una classe dirigente esperta e preparata sostituendole un gruppo di personaggi improvvisati. Siamo sicuri che il ministro Alfonso Bonafede sia migliore del vecchio Oronzo Reale? Tra i due scelgo il secondo».
In passato l’approccio della politica nei confronti dei magistrati era diverso?
«Un tempo si sceglievano magistrati in pensione, particolarmente autorevoli e preparati, e li si portava in Parlamento. Poi è arrivato il “presidenzialismo alla vaccinara” con l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle Regioni. Questa evoluzione si è sovrapposta al crescente protagonismo dei pm. E i risultati sono quelli che vediamo».
È contro l’elezione diretta dei sindaci?
«Lo sono ora come all’epoca. Quella riforma fu approvata per assecondare i tifosi di Tangentopoli e assestare un calcio definitivo alla partitocrazia perché si riteneva che questa si esprimesse nei Consigli comunali. Il risultato? Le assemblee cittadine sono stati marginalizzate, sicché non si discute più della cosa pubblica. Conta solo l’immagine, come dimostra il fatto che i sindaci siano più impegnati nei salotti televisivi anziché nel confronto in Consiglio e nell’amministrazione del Comune».
Che cosa pensa di de Magistris?
«È un uomo alla perenne ricerca del consenso. Ha alimentato la retorica del lungomare liberato mentre la città cadeva a pezzi. Insomma, una catastrofe amministrativa che dimostra quanto populismo e demagogia possano fare male a una comunità».
Qualche magistrato si sarà dimostrato un buon amministratore nel corso della storia…
«Probabile, ma io non ne ho memoria. Il flop dei magistrati prestati alla politica mi sembra generalizzato».
Come si riequilibra il rapporto tra politica e magistratura?
«La politica deve fare un passo avanti e imporre un passo indietro alla magistratura. Innanzitutto occorre riaffermare la separazione dei poteri in modo netto. Poi va ridimensionato il ruolo dei pm e disciplinati tempi, luoghi e modalità delle eventuali candidature dei magistrati. Infine bisogna recuperare la cultura delle scuole politiche. Ricorda quella di Frattocchie? Ecco, il modello è quello. Ma senza i partiti la vedo dura».
© Riproduzione riservata








