Ciaran, l’uragano tropicale che si è abbattuto sul Centro-Nord Italia, riversa acqua, acqua e ancora acqua sulla Toscana. Più che altrove e peggio che mai. Cascate che si aprono dal cielo, piazze che diventano laghi, fiumi come armi letali. Muoiono in sette. E si contano almeno due dispersi. C’è chi è morto sott’acqua, stando in casa, dove l’alluvione li ha raggiunti. 200 millimetri di pioggia in media all’ora, per quattro ore di fila: un girone dantesco, un inferno umido. Bagnato. La pioggia si intende forte quando cade già a sette, otto millimetri all’ora. Qui parliamo di 200. E se teniamo a mente che un millimetro di pioggia misurato all’interno del pluviometro è pari come quantità a 1 litro caduto su una superficie di 1 metro quadrato, avremo che un millimetro di pioggia misurata corrisponde a un litro per metro quadrato. Duecento litri d’acqua per ogni metro quadrato del nord della Toscana.

Maltempo Toscana, mai così tanta acqua, nemmeno nell’alluvione del 1966

Le dimensioni del disastro, infatti, sono inenarrabili. Il presidente della regione Toscana, Eugenio Giani, Pd, invoca lo stato di emergenza nazionale, il livello di calamità più alto. E il governo Meloni fa la sua parte, approva il provvedimento in Cdm e stanzia subito 5 milioni di euro in aiuti immediati. Deliberato lo stato di emergenza per le province di Firenze, Livorno, Pisa, Pistoia e Prato e indirizzati i primi fondi per «garantire le misure d’intervento più urgenti», come ha spiegato Meloni.
È Giani a tracciare il bilancio dell’alluvione. «Nel territorio ci sono stati effetti terribili. C’è stata una precipitazione senza precedenti: in quattro ore, se andiamo a vedere Comune per Comune, abbiamo una media di 200 millimetri caduti. Non è caduta tanta acqua in un arco di tempo così concentrato di tre, quattro ore nemmeno nell’alluvione del 1966». Solo che stavolta, per fortuna, almeno Firenze è salva. Il peggio è stato evitato grazie ai lavori sull’Arno, alla manutenzione degli argini. Ma rimane lui, il terzo fiume d’Italia, la grande vena d’acqua dell’intera Toscana, il paziente da curare. Fuori Firenze infatti è una tragedia: il fiume è esondato, sormontando gli argini, il fiume Bisenzio a Campi Bisenzio; altre esondazioni si sono registrate nel Pratese sui torrenti Furba, Vella, Bardena e Bagnolo. Le curve idrometriche sono in stabilizzazione sui torrenti Stella a Quarrata ed Ombrone a Poggio a Caiano.

A Prato, il Bisenzio prima di esondare era cresciuto di m. 3,63 e per quasi tutta la giornata di ieri la sua portata è stata di oltre 100 metri cubi al secondo. Il sistema di rilevamento funziona, quello satellitare forse meno. C’è un giallo sulle previsioni climatiche e sul livello di allerta sul territorio. L’allerta era rossa solo sulla provincia di Lucca, che invece è stata appena sfiorata dall’uragano – «C’è stato solo molto vento gelido e un po’ di pioggia», confermano sotto la Torre del Guinigi – mentre si è abbattuta con furia su Pisa, Livorno, Campi Bisenzio. E a Prato. «Avevamo diffuso un’allerta arancione perché attendevamo una bomba d’acqua sulla lucchesia – ha spiegato Giani – invece si è concentrata sulla valle dell’Arno e del Bisenzio, ma grazie al lavoro di squadra delle istituzioni e alla capacità di intervento e reazione della nostra Protezione civile siamo riusciti a far fronte a una situazione devastante. È in casi come questi che i toscani sanno tirare fuori il meglio di loro e la Regione farà da riferimento per tutti i sindaci per agire presto e bene». I sindaci non l’hanno presa bene. Qua la conta dei danni, là quella dei morti, dopo essersi rimboccati le maniche e aver spalato il fango arriverà il momento di far parlare i dati, di verificare lo stato delle allerte.

Maltempo Toscana, Prato in ginocchio: “Evento unico in 300 anni”

Tre delle sette vittime erano residenti in provincia di Prato, a Montemurlo. Matteo Biffoni, il sindaco di Prato, ne parla al Riformista con l’animo di chi non dorme da 36 ore, passate per lo più nella sala operativa della Protezione Civile. «Un disastro. Un pezzo di città con un metro d’acqua nella strada e un pezzo di città in cui l’acqua era passata lasciando macchine ribaltate, porte divelte, vetri infranti». Cosa è successo, lì? Che quattro «torrenti maledetti», come li chiama il sindaco Biffoni, Vella, Barbena, Ficarello e Ombrone – dagli argini rotti dalla piena – hanno allagato tutta la città di Prato, mentre il Bisenzio usciva dal letto a sua volta. «Per prevenire si può fare poco quando su un territorio pur manutenuto si riversa questa quantità d’acqua impressionante. Noi avevamo fatto tutti i lavori: casse d’espansione, gli argini dei fiumi, la risagomatura del Bisenzio sono stati fatti ed eseguiti a regola d’arte. Gli studiosi ci dicono che un evento di questa portata non si era verificato mai negli ultimi trecento anni».

Polemiche sull’allerta: a Prato era gialla, città devastata

Certo, un tema c’è: «Sarei interessato ad aprire un confronto sull’allerta, che per noi era gialla per l’acqua. Hanno sbagliato, con uno scarto impressionante tra la previsione e la realtà che si è verificata». In tutto questo, la domanda aperta che rivolge a noi Matteo Biffoni: chi prende la responsabilità di firmare le ordinanze? Chi rischia gli avvisi di garanzia? «Ve lo dico io: il Sindaco. Sempre e solo il Sindaco. Ognuno facendo a modo suo, nella solitudine assoluta. Ti devi fidare di quello che dicono: se dicono giallo, o arancione, ti devi fidare. Poi succede quello che è successo e non ci si capacita di come possano essere state sballate così tanto le previsioni». Si stringe intorno ai pratesi il leader di IV e già Sindaco di Firenze, Matteo Renzi: «Forza Prato, forza Toscana bella». Ma i toscani, si sa, sono pugnaci. Giani risponde a Biffoni. «Fino a ieri mi avevano criticato perché volevo chiudere le scuole, ora per i livelli di allerta. Noi abbiamo dato l’allarme che non decide il presidente Giani – ha aggiunto – ma i tecnici. E io ho fiducia nei tecnici competenti perché se hanno dato l’allarme arancione è perché le condizioni atmosferiche presentavano un allarme arancione».

Le aziende in ginocchio sono tante. Confindustria stima danni per «molte decine di milioni di euro» e ipotizza il ricorso alla cig se si stoppa la filiera del tessile. Sono centinaia e centinaia gli edifici danneggiati: case, negozi, botteghe, tante aziende. Saranno censite. I problemi non sono solo per le aziende allagate ma anche per quelle rimaste all’asciutto: se non ricevono dalle altre le lavorazioni per mandare avanti la propria produzione, si fermano. È la filiera, spezzettata in tante specialità, filatura, tessitura, rifinizione, tintoria, roccatura e altre ancora, tutti passaggi connessi: se se ne blocca uno, non possono procedere gli altri. E il Pil italiano, già claudicante, potrebbe subire un ulteriore contraccolpo dai danni alle eccellenze toscane. Il pensiero va al vino. Il danno per l’Italia dell’alluvione in Toscana potrebbe aggirarsi sul -12% della produzione. Secondo Coldiretti, «l’ondata di maltempo, con la tempesta Ciaran, è l’ultimo colpo di una stagione da dimenticare. A fare le spese degli effetti del cambiamento climatico quest’anno è soprattutto l’Italia centrale, già a corto di olive e di castagne, dove era ancora in corso la vendemmia». A fare le spese degli effetti del cambiamento climatico quest’anno è soprattutto l’Italia centrale, già a corto di olive e di castagne, dove era ancora in corso la vendemmia». Difficile immaginare che la conta dei danni si fermi a 5 milioni. Basteranno per le emergenze, poi c’è da ricostruire l’intero ecosistema delle imprese colpite. Se il modello è quello degli aiuti all’Emilia Romagna, i Toscani hanno di che preoccuparsi. Pioggia a valanga, aiuti col contagocce.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.