La Russia non rappresenta più una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti d’America, è stato detto e scritto a più riprese. La “guerra fredda” è terminata da un pezzo, l’URSS non c’è più e la vera rivalità strategica oggi è altrove e investe attori avulsi dalla geografia continentale, la Cina su tutti. Un dato facilmente riscontrabile è utile per corroborare una tale ovvietà: il PIL della Russia, appaiato sostanzialmente a quello di una media economia europea come l’Italia o la Spagna, si trova tagliata fuori dal rango di grande potenza (nucleare a parte).

Un rivale per l’Unione

E per l’Europa vale lo stesso discorso? No. La Russia costituisce oggi un rivale strategico dell’Unione Europea, non fosse altro che per la natura proclive di Mosca a portare avanti un revisionismo territoriale – che rappresenta una costante della sua politica estera – che investe in primis l’Ucraina e, implicitamente, quelle nazioni dell’Europa orientale che un tempo non troppo lontano le orbitavano intorno. Rispetto ai primi due decenni successivi al 1989, in cui una nazione tramortita aveva più la priorità di ricostruirsi una propria legittimità internazionale anziché di maturare nuove velleità di imporsi come grande potenza, la Russia oggi dà prova di voler recuperare una capacità interventista nelle aree che ritiene di suo interesse geo-strategico e geo-economico. La breve guerra nell’agosto del 2008 con la Georgia, l’annessione della Crimea nel 2014, l’aggressione dell’Ucraina nel 2022, la guerra cibernetica, ma anche le dichiarazioni ostili e neo-imperialiste della dirigenza russa nei confronti di alcuni paesi confinanti sono un chiaro esempio. È una propensione che non si può negare.

Quale posizione tenere

In quest’ottica una superpotenza economica quale è l’Unione Europea, per quanto non ancora compiutamente politica e militare, sul crinale Ovest dei confini russi è quanto di più indesiderato a Mosca. Per converso, una Russia tutta proiettata in una dimensione sciovinista e revisionista, con il benestare peraltro della Chiesa ortodossa, è quanto di peggiore possa accadere all’Unione Europea. Ma un tema incombe e concerne i rapporti tra Bruxelles e Washington circa la risoluzione della crisi in Ucraina, rispetto alla quale obtorto collo urge una visione pragmatica che in ogni caso assicuri una sovranità a Kiev. Quale postura tenere – sperando che di una sola si possa parlare nella frastagliata compagine europea – rispetto alla strategia egoista e settaria statunitense? Bruxelles dovrebbe utilizzare sapientemente le molteplici leve a sua disposizione, che non sono poche e constano soprattutto di aspetti commerciali e finanziari (che tanto interessano a Trump) – al fine di controbilanciare l’unilateralismo dimostrato fin qui dallo “sceriffo di Washington” (cfr. J. D. Vance), con la consapevolezza che gli Stati Uniti d’America senza una strategia condivisa con l’Unione Europea difficilmente potranno arginare lo strapotere commerciale e finanziario di Pechino.

Un nuovo progetto

L’assist è appena giunto alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco da Wang Yi, ministro degli affari esteri della Repubblica Popolare Cinese, il quale ha affermato – ricordando che quest’anno ricorre il 50° anniversario dell’istituzione delle relazioni diplomatiche tra Cina e Unione Europea – “che le due parti devono cogliere questa opportunità per aderire al dialogo e alla cooperazione che sono dominanti nelle relazioni bilaterali e continuare a essere partner strategici stabili e a lungo termine. La Cina è disposta a collaborare con l’UE per organizzare bene una serie di attività celebrative e preparare un nuovo incontro tra i leader delle due parti, in modo da pianificare un nuovo progetto per dare impulso nei prossimi 50 anni a più luminosi relazioni tra Cina e UE”. Wang Yi ha concluso che “non esiste alcun conflitto di interessi fondamentale o contraddizioni geopolitiche tra Cina ed Europa. La Cina intende rafforzare la comunicazione strategica con l’UE, ad aumentare la comprensione reciproca, così da fornire congiuntamente maggiore stabilità al mondo”. Lo “sceriffo di Washington” è avvisato.

Marco Picardi

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