Il verdetto a 6 anni dalla tragedia
Tragedia Rigopiano, (quasi) tutti assolti nel processo: 5 condanne su 30 imputati, sentenza tra le proteste dei parenti

Assolti l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo e l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco; condannato a 2 anni e otto mesi al sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. È la sentenza pronunciata dal gup del tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea in merito alla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto e distrutto il 18 gennaio del 2017 da una valanga, evento in cui morirono 29 persone.
Assoluzioni che hanno riguardato quasi tutti gli imputati alla sbarra: sono 25 ‘contro’ le cinque condanne decise dal gup. I 30 imputati tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura, erano accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.
Oltre al sindaco Lacchetta, sono stati condannati a 3 anni e 4 mesi ciascuno Paolo D’Incecco e Maurio Di Blasio, ritenuti responsabili come dirigenti della Provincia per la loro condotta relativa al “monitoraggio della percorribilità delle strade rientranti nel comparto della S.P. 8, ed alla pulizia notturna dalla neve ovvero a quella relativa al mancato reperimento di un mezzo sostitutivo della turbina Unimog fuori uso, nonché alla mancata chiusura al traffico veicolare del tratto stradale della provinciale nr 8 dal bivio Mirri e Rigopiano”. Condannati a sei mesi di reclusione ciascuno per falso l’ex gestore dell’albergo della Gran Sasso Resort Bruno Di Tommaso e il redattore della relazione tecnica di intervenire sulle tettoie e verande dell’hotel Giuseppe Gatto.
La procura, con il procuratore capo Giuseppe Bellelli e i pm Andrea Papalia e Anna Benigni, aveva chiesto 26 condanne per un totale complessivo di 151 anni e mezzo di reclusione e quattro assoluzioni nei confronti dei 30 imputati.
Per Lacchetta, sindaco attuale e anche all’epoca del disastro, l’accusa aveva chiesto 11 anni e 4 mesi: è stato condannato a 2 anni e 8 mesi solamente per omissione dell’ordinanza di sgombero dell’albergo, mentre è stato assolto per tutti gli altri capi di accusa “perché il fatto non sussiste“.
Tutti presenti i parenti delle vittime ed anche diversi superstiti tra cui Giampiero Matrone ed il cuoco Giampiero Parete, il primo che diede l’allarme quel pomeriggio del 18 gennaio 2017.
La lettura della sentenza da parte dei giudice, nell’ambito del processo tenuto con rito abbreviato, è stata accolta dalle grida e dagli insulti dei parenti delle vittime: “Fate schifo, vergogna”, hanno urlato alcuni dei presenti nell’aula del tribunale di Pescara, trattenuti a stento dalle forze dell’ordine.
#Rigopiano, tutti assolti tranne il sindaco. I parenti delle #vittime: “Vergogna” pic.twitter.com/wURtjt4Kqf
— AGTW (@AGTW_it) February 23, 2023
Urla in aula Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’hotel, morto nel crollo. “Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste! Quattro minuti di chiamata! Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?“, ha ricordato disperato tornando alle telefonate di Gabriele dirette verso la Prefettura la mattina del 18 gennaio 2017. D’Angelo, alle 11.38, circa cinque ore prima della valanga, chiamò il Centro coordinamento soccorsi della prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell’hotel di lasciare la struttura
Le richieste della Procura
Secondo l’accusa, i principali responsabili erano il Comune di Farindola e la Provincia di Pescara, e si aggiunge il comportamento della Prefettura e le mancanze amministrative gravi della Regione Abruzzo. La pena più alta, 12 anni, era stata chiesta per l’ex Prefetto di Pescara, Francesco Provolo, mentre 11 anni e 4 mesi, erano stati chiesti per il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, e 6 anni per l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco.
Le accuse a carico dell’allora prefetto Provolo erano: frode in processo penale e depistaggio, omissione di atti d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, omicidio colposo, lesioni personali colpose. Omicidio colposo e lesioni personali colpose erano i reati contestati all’allora presidente della Provincia di Pescara Di Marco e al sindaco di Farindola Lacchetta, quest’ultimo accusato anche di disastro colposo
L’accusa aveva puntato il dito sulle responsabilità dei dirigenti comunali e provinciali nella gestione dell’emergenza e della viabilità sconvolta per il grave maltempo di quei giorni, e sui permessi urbanistici: l’hotel era stato realizzato in una zona notoriamente esposta a valanghe e di conseguenza avrebbe dovuto essere chiuso e la strada sgomberata. Era stata scandagliata nel corso delle indagini anche l’attività della Regione Abruzzo per la mancata realizzazione e approvazione della Carta Valanghe: pesanti le richieste per i dirigenti regionali in quello che è stato definito “un collasso di sistema”, anzi “un fallimento dell’intero sistema”.
Insufficiente, secondo la ricostruzione dei pm, il comportamento della Prefettura per la mancata tempestività ed efficacia nell’emergenza, tanto che proprio per l’ex prefetto Provolo era arrivata la richiesta della condanna più severa.
(in aggiornamento)
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