La domanda che vaga in giro per il mondo dopo la clamorosa vittoria di Trump negli Usa è una sola: come è stato possibile votare un siffatto personaggio che ha preso a calci quel “politicamente corretto” che sembrava scolpito nelle tavole delle leggi woke? Ma avevano il diritto gli americani di mettere tutti nei guai?

Si direbbe quasi che la storia del XXI secolo si vendichi di quella del XX, quando milioni di americani attraversarono l’Oceano nelle due guerre mondiali del “secolo breve” per venire a salvare l’Europa. Senza l’intervento Usa nel 1917 i paesi dell’Intesa non avrebbero mai vinto la Grande Guerra; tanto più, nel secondo conflitto mondiale fu indispensabile – come auspicò Winston Churchill nel suo celebre discorso ai Comuni – che il nuovo mondo con tutta la sua potenza venisse in soccorso del vecchio e lo liberasse dagli artigli della Gestapo. L’impegno militare Usa in Europa prevalse largamente su quello espresso nel Pacifico sia con l’intervento diretto sia con la fornitura di ingenti risorse militari e civili a favore degli alleati, compresa l’Urss. Cosa dovrebbe fare oggi l’Europa?

A sentire certi toni del dibattito ci sarebbe da auspicare un’invasione dell’America allo scopo di liberare gli lgbtqia+ oppressi dal nuovo corso e ripristinare quei diritti civili che sarebbero in pericolo dopo la vittoria del Donald. Nei confronti di un rilancio del protezionismo si usano argomenti che ricordano le guerre dell’oppio del XIX secolo, quando le potenze occidentali imposero – con le cannoniere e i c.d. trattati ineguali – al Celeste Impero il ripristino dell’importazione e del consumo dell’oppio messo in commercio da parte della Compagnia delle Indie. E per favore nessuno osi tirare in ballo l’Ucraina.

Trump – come annunciato – farà ciò che invoca da quasi mille giorni la grande maggioranza dell’opinione pubblica mondiale: mettere Zelensky con le spalle al muro. Se non fosse così, non vi sarebbero stati quei condizionamenti che hanno vincolato l’assistenza militare degli alleati al popolo ucraino costringendolo a combattere in modo inadeguato rispetto alle sue effettive possibilità. Se, sul campo, contro i soldati nord coreani e i droni iraniani ci fossero adesso truppe della Nato anche Trump sarebbe costretto a prenderne atto. Invece, in tutto questo tempo, mentre si svolgevano nel mondo occidentale centinaia di migliaia di manifestazioni filo palestinesi, la solidarietà con Kiev veniva costruita con le cartoline precetto per dare corso a proteste di prammatica, formali ma prive di quelle ragioni che soltanto il cuore conosce.

La condizione della sinistra in questa fase storica potrebbe essere rappresentata con la metafora di uno sketch del grande Totò. Un passante si accorge che dall’altra parte della strada un energumeno vociferante riempie di sonori schiaffoni una persona, la quale, però, si sottopone al pestaggio ridendo a crepapelle. Finita l’aggressione il passante si avvicina al malcapitato per chiedergli che cosa mai fosse avvenuto. E si sente rispondere: “Quel tale ce l’aveva con Pasquale”. Di rimando, il curioso chiede quali fossero i motivi che lo inducevano a ridere sonoramente ad ogni manrovescio e si sente rispondere: “Ma io non mi chiamo Pasquale”. Ecco; la sinistra ormai prende botte dappertutto, ma si consola perché non è Pasquale. E questa estraneità le assicura un rango di superiorità etica che la esonera dalla ricerca di spiegazioni di un declino sempre più inesorabile. Ormai la competizione non è più tra diverse posizioni politiche – sia pure tra loro incompatibili – ma tra il mondo dei “puri” e quello degli “impuri” a cui i primi, non riconoscono neanche la legittimità di esistere e di agire.

Sembra di leggere, ne I promessi sposi la cronaca dell’incontro/scontro che cambia la vita di Lodovico/padre Cristoforo. Quando si trovarono a viso a viso, il signor tale, squadrando Lodovico, a capo alto, col cipiglio imperioso, gli disse, in un tono corrispondente di voce: “Fate luogo”. “Fate luogo voi,” rispose Lodovico. “La diritta è mia”. “Co’ vostri pari, è sempre mia”. “Sì, se l’arroganza de’ vostri pari fosse legge per i pari miei”. Poi sappiamo come finisce: l’albagia, il disprezzo per l’avversario non riescono ad evitare un colpo di spada ben assestato.