La telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin, il vertice di Raid e gli avvertimenti all’Ucraina da parte di Washington avevano certificato quello che era chiaro da mesi: il vento, alla Casa Bianca, è cambiato. Il problema però è questo cambiamento non è stato solo repentino, ma anche eclatante. Una vera e propria inversione a “U” in cui Washington, dopo avere isolato per tre anni il presidente russo, adesso sembra puntare all’esatto opposto: isolare Volodymyr Zelensky.

La svolta che ha sorpreso

Una svolta che ha sorpreso, se non proprio traumatizzato, il presidente ucraino, che ieri è stato oggetto di un attacco senza precedenti proprio da parte del nuovo “commander in chief”. E le dichiarazioni di fuoco, arrivate proprio mentre l’inviato Keith Kellogg era a Kiev e ricordava le “garanzie di sicurezza” chieste da parte ucraina, certificano il baratro tra il presidente Usa e quello ucraino. “Un dittatore senza elezioni” ha tuonato Trump, “farebbe meglio a muoversi in fretta o non gli resterà più un Paese”. “Amo l’Ucraina, ma Zelensky ha fatto un pessimo lavoro, il suo Paese è in frantumi milioni di persone sono morte inutilmente” ha attaccato il presidente Usa. E il capo della Casa Bianca ha anche tenuto a dire che, mentre Zelensky “ha fatto un pessimo lavoro”, gli Stati Uniti stanno “negoziando con successo la fine della guerra con la Russia”.

Parole che non lasciano spazio a dubbi o altre interpretazioni. Una vera e propria escalation diplomatica, che aveva anche visto Zelensky alzare il tiro contro il presidente degli Stati Uniti. Il leader ucraino aveva accusato Trump di vivere “in una bolla di disinformazione” russa per avere dato seguito ai presunti sondaggi che davano il presidente al 4% nei consensi. “Sono informazioni che provengono dalla Russia”, ha spiegato il leader di Kiev, “abbiamo le prove che questi numeri vengono discussi tra Stati Uniti e Russia. Purtroppo, il presidente Trump, con grande rispetto per lui come leader di una nazione per cui abbiamo grande rispetto, sta vivendo in uno spazio di disinformazione” ha detto Zelensky. Sospetti che si aggiungono anche agli avvertimenti riguardo il presunto accordo sulle terre rare (“Difendo l’Ucraina, non posso vendere il nostro Paese. Questo è tutto”, aveva detto il presidente) e alle critiche per avere spezzato l’isolamento di Putin.

Putin in vantaggio

La reazione di Kiev era prevedibile, visto che in queste settimane Zelensky ha più volte manifestato la sua frustrazione e il suo rammarico per non essere stato coinvolto nel dialogo tra Russia e Usa e per vedere rapidamente abbandonato il suo Paese al proprio destino. Molto meno prevedibile, soprattutto nei termini con cui è avvenuto, il duro attacco di Trump, che certifica ormai in modo cristallino come il leader Usa voglia andare dritto per la sua strada. Un percorso in solitaria, muscolare proprio con gli alleati di sempre, di cui la Russia non può che essere lieta. Da un lato, Putin adesso è consapevole di essere in vantaggio nei potenziali negoziati. Inoltre, sa di avere infranto la “bolla” costruita intorno al Cremlino dall’amministrazione Biden.

Ieri, il presidente russo ha anche detto che “nessuno vuole escludere l’Ucraina” dai negoziati, quasi a far passare il messaggio che è Mosca ad essere aperta alle trattative con Kiev. E come ha rivelato la Bild, intelligence e leader europei sono addirittura preoccupati dal fatto che le trattative tra il tycoon e il capo del Cremlino potrebbe portare a un risultato ancora più ampio: il ritiro dei contingenti americani da gran parte dell’Europa, quantomeno da quei Paesi che hanno aderito alla Nato dopo lo scioglimento dell’Unione sovietica. In pratica, le richieste avanzate da Putin nel 2021.

Lo shock, tra Kiev e capitali europee è evidente. Nell’incontro di Parigi, quello convocato con urgenza da Emmanuel Macron per rispondere a Trump, non si è deciso praticamente nulla. Le scelte più importanti sono state rimandate ad altri incontri, a un processo che dovrebbe avvenire nelle prossime settimane o addirittura nei prossimi mesi. E un summit che doveva essere il segnale di un’Europa viva, capace di reagire al “ciclone Donald”, si è rivelato in realtà un pericoloso flop. Tanto che ieri, Trump ha puntato il dito anche contro il Vecchio Continente, definito “incapace di portare la pace”. Il divario tra le due sponde dell’Atlantico è ormai cristallino.

Europa, schemi saltati

Ma anche all’interno dell’Europa appare chiaro che gli schemi siano saltati. L’asse franco-tedesco appare un lontano ricordo. L’eventualità di una missione di peacekeeping europea in Ucraina è stata avallata solo da pochissimi Paesi, e il suo maggiore sponsor è proprio chi dell’Ue non fa più parte: il Regno Unito. I Paesi del fronte orientale temono che l’ombrello americano possa essere chiuso in base agli interessi del momento della Casa Bianca. E anche se da Washington continuano a dire che l’Ue avrà un ruolo nelle trattative di pace, l’impressione è che questo possa essere solo il primo di una serie di decisivi dossier che dovrà affrontare l’Europa.