La pagella è stata emessa. Non parliamo certamente di una pagella scolastica, ma dal momento che c’è uno che giudica ed uno che è giudicato, il paragone è ammissibile. Da una parte c’è la Commissione Europea, dall’altra i dieci paesi formalmente candidati ad entrare nell’UE: Ucraina, Moldavia, Georgia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. Ed il verdetto è arrivato: luce verde solo per i primi due, luce rossa solo per la Turchia, gialla per tutti gli altri.

Sull’Ucraina la Commissione ha stabilito che, nonostante stia affrontando una guerra dopo l’invasione russa del 2022, il Paese guidato da Zelensky ha continuato sulla strada delle riforme e quattro delle sette che l’UE aveva chiesto sono state completate. A Kiev rimangono da migliorare le norme per una più efficace lotta alla corruzione, per una migliore integrazione delle minoranze linguistiche e per regolare le attività di lobby in linea con gli standard europei e, conseguentemente, ridurre il potere delle oligarchie. Anche la Moldavia ha avuto: cinque riforme sono state varate, all’appello mancano, come per l’Ucraina, norme contro la corruzione e le oligarchie e la riforma generale della giustizia.

Per la Georgia, invece, luce gialla: male nella lotta alla disinformazione (russa, aggiungiamo noi) ed alle interferenze straniere, nella lotta alla corruzione ed inoltre la Commissione ha pure ravvisato la necessità di meglio proteggere i diritti umani. Anche l’Albania ha del lavoro da fare, pur essendo più avanti di altri nel processo di adesione: gli sforzi richiesti sono sulle garanzie di maggiore libertà di espressione, sulle questioni delle minoranze e sulla lotta alla corruzione ed alla criminalità organizzata. Luce possibilmente ancora più gialla per gli altri Paesi balcani: la Bosnia non ha fatto quasi nessun progresso tra quelli richiesti, il Kosovo ha compiuto passi avanti ma deve normalizzare le sue relazioni con la Serbia (“condizione essenziale per entrambe le parti”, recita il rapporto), il Montenegro deve fare molti passi in avanti sullo stato di diritto e in particolare sulla giustizia, la Macedonia del Nord deve mettere in piedi norme più stringenti contro corruzione e criminalità organizzata, la Serbia infine – oltre allo speculare problema del Kosovo – ha un problema non piccolo di politica estera, vista la vicinanza a Mosca e Pechino. Luce rossa infine per la Turchia: sotto la presidenza di Erdogan, si legge, Ankara ha “continuato ad allontanarsi” dall’UE “principalmente a causa del continuo arretramento nei settori dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto, compresa l’indipendenza della magistratura”.

“Alla luce dei risultati ottenuti da Ucraina e Moldova e degli sforzi di riforma in corso, la Commissione ha raccomandato al Consiglio di aprire i negoziati di adesione con entrambi i paesi”, ha annunciato solennemente la Commissione, rimandando la palla al Consiglio Europeo che dovrà discutere e deliberare che inizino i negoziati di adesione e, in tal caso, hanno precisato ieri a Bruxelles, già nel marzo 2024 ci potrà essere una nuova valutazione dei progressi compiti da Kiev e Chișinău. “L’allargamento è una politica vitale per l’Unione europea. Completare la nostra Unione è l’appello della storia, l’orizzonte naturale della nostra Unione”, ha affermato Ursula von der Leyen, dando l’idea che per lei i processi negoziali dovrebbero essere già avviati quando scadrà il suo incarico, nell’estate dell’anno prossimo, dopo le elezioni europee di giugno. Orban o non Orban, visto che Budapest si prepara secondo molti a fare fuoco e fiamme pur di impedire a Kiev di entrare nell’UE.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva