Dal conclave di Contigliano si solleva una fumata bianca. È sulla prescrizione: un argomento caldissimo, a dispetto del gelido convento reatino in cui sono chiusi ministri, parlamentari e dirigenti Pd. Nelle segrete stanze dell’abbazia circola, come nella suggestione di Umberto Eco, il nome della rosa: un patto segreto cui tutti i convenuti giurano fedeltà. Il codice miniato da tutelare a costo della vita qui assume le prosaiche fattezze del testo della riforma Bonafede.

È Lucia Annunziata, rimasta fuori dalle porte del conclave, a rivelare i dettagli della riunione dem: «Don Dario Franceschini in chiesa ha chiesto a una coppia di conviventi un po’ riottosi di sposarsi». In sostanza la strategia politica espressa durante l’incontro in questo “freddissimo e austerissimo convento”, continua la Annunziata è che «l’alleanza tra il Pd e M5s si rinsaldi, diventi strategica» legandosi al progetto, tratteggiato dal segretario Zingaretti, di un partito che cambia nome e simbolo, magari proprio in asse con lo sparring partner a Cinque Stelle.

Vittima sacrificale e primo banco di prova di questa unione è la prescrizione, che i Dem sono pronti a mandare in soffitta, con il rischio di trasformare il sistema giustizia nel girone dei dannati in cui la pena accessoria diventa di fatto, già a monte, l’incertezza più assoluta sulla durata del procedimento. Si introdurrebbe, se la prescrizione saltasse senza correttivi, la “fine pena mai” per milioni di processi consegnati allo strazio infinito. Se il Pd voterà insieme con il M5S in Commissione Giustizia, il loro emendamento anti-Costa ha ottime probabilità di successo.

Dei 45 componenti della Commissione giustizia, 25 sono di maggioranza e 20 di opposizione. Se i due di Italia Viva si sfilano, confermando il voto della proposta di legge a firma Costa, finirà comunque 23 a 22. La presidente della Commissione, la giovane avvocata padovana Francesca Businarolo, dei Cinque Stelle, con ogni probabilità non rispetterà la prassi per cui il presidente si astiene e farà convergere il suo voto su quello di maggioranza. Ieri ha perfino reso noto che il voto previsto oggi viene spostato alla seduta pomeridiana di mercoledì prossimo. Un rinvio chiesto dal gruppo del Pd proprio per gli impegni a porte chiuse di queste ore, ma anche dal rappresentante del governo che segue il provvedimento, ed è stato accolto da tutti i gruppi con la sola esclusione di Fi e Lega.

Palazzo Chigi in effetti non è rimasto a guardare.

Il premier Conte ha provato a mediare con una misura giudicata ancora inadeguata dai renziani: «Non siamo ancora soddisfatti – dice Davide Faraone – e ci riserviamo di valutare». Per Maria Elena Boschi «resta migliore l’ipotesi di tornare alla disciplina precedente votando la proposta di Costa». Conte aveva promesso un impegno da parte sua per un disegno di legge delega sul processo penale che dovrebbe accelerare i tempi dei tre gradi di giudizio con una sanzione disciplinare prevista per i giudici che li sforano in appello.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.