Non c’era nulla su cui fondare un processo. Due anni per fissare l’appello, sei anni richiesti dal sostituto procuratore generale Massimo Gaballo a conferma della sentenza di primo grado, e una assoluzione piena perché il fatto non sussiste. Questo è il succo di quanto sentenziato a Milano dalla Corte d’Appello, ieri, nel processo che vedeva imputati per falso in bilancio e aggiotaggio gli ex vertici di Mps, Alessandro Profumo (Presidente) e Fabrizio Viola (Amministratore Delegato), oltre a Paolo Salvadori, allora presidente del collegio sindacale e la stessa Monte Paschi, imputata per la legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti e in primo grado condannata a 800mila euro di sanzione pecuniaria. Balzo del titolo Mps a Piazza Affari, ed emozione degli imputati.

“Si chiude questa penosa e triste vicenda”, il commento, rotto dal pianto, di un visibilmente emozionato Profumo, al termine di un caloroso abbraccio con Viola. E così, il verdetto di ieri si somma a quello della Cassazione che lo scorso 11 ottobre ha assolto, con la stessa formula per cui il fatto non sussiste, i precedenti vertici di Mps, in carica tra il 2006 e il 2012, cioè Giuseppe Mussari (Presidente) e Antonio Vigni (Direttore Generale). Dimenticate le paginate tristemente note e altrettanto consuete redatte durante le indagini e dopo la sentenza di primo grado nel 2020, che era parsa a tutti noi lunare. Oggi vedremo quanto spazio verrà dato alla notizia. In entrambi i casi le accuse di aggiotaggio e false comunicazioni sociali riguardavano la contabilizzazione delle operazioni Santorini, realizzata con Deutsche Bank, e Alexandria, con la banca giapponese Nomura, che secondo l’accusa sarebbero stati dei derivati e non, invece, operazioni di finanziamento strutturate come iscritto a bilancio.

Per la banca, una buona notizia con ricadute positive: i nuovi vertici possono liberare gli accantonamenti stivati per rischio legale, una “cosetta” da almeno 200 milioni di euro. E altre risorse potrebbero liberarsi, visto e considerato che su 2,9 miliardi di euro di richieste di danni, un miliardo è rappresentato da cause civili e costituzioni di parte civile nel procedimento Profumo-Viola. La vicenda risale a oltre dieci anni fa. Profumo e Viola nel febbraio 2013 avevano effettuato il restatement del bilancio della banca, iscrivendo un fair value negativo iniziale per le due operazioni condotte sotto Mussari e Vigni.

Da lì scaturì lo scandalo Mps, che travolse la banca provocando fughe di depositi che, sommata alla crisi, fece esplodere i crediti deteriorati fino a 44 miliardi di euro lordi. Lo stato italiano salvò il Monte dei Paschi nel 2017 e ne possiede ancora il 39%, dopo aver raccolto 920 milioni di euro (989 milioni di dollari) il mese scorso vendendo una quota del 25 per cento. Ora, vedremo cosa farà la procura. Se desisterà, o replicherà la mossa fatta nel processo madre contro Mussari, cioè ricorrere in Cassazione contro le assoluzioni disposte dai giudici di merito. Uno schiaffo lo ha già preso a ottobre. Vediamo se cerca anche il secondo…