Il procedimento per corruzione nei confronti dell’imprenditore Danilo Iervolino, fondatore dell’Università telematica Pegaso e attuale numero uno della Salernitana, destinato a finire come raccontato ieri sul Riformista in un nulla di fatto, è solo l’ultimo di una lunga serie di flop del Pm aglo-napoletano Henry John Woodcock.

Il più celebre è senza ombra di dubbio il Savoiagate. Nel 2006, Woodcock, allora Pm a Potenza, aveva accusato Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia, di far parte di una associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e allo sfruttamento della prostituzione. Vittorio Emanuele venne fermato mentre si trovava a Varenna, un paesino sul lago di Lecco. Dopo un viaggio durato tutta la notte, fu tradotto nel carcere di Potenza dove rimase per una settimana prima di andare ai domiciliari. Finito l’iniziale clamore mediatico, l’inchiesta approdò a Como per competenza territoriale e Vittorio Emanuele, assolto perché il fatto non sussiste, sarà poi risarcito con 40mila euro per l’ingiusta detenzione patita.

A seguire Vallettopoli, una maxi inchiesta sul mondo spettacolo. Fra gli indagati, Elisabetta Gregoraci, Fabrizio Corona, Lele Mora, l’allora ministro Alfredo Pecoraro Scanio. Anche questa inchiesta si chiuderà con una sfilza di assoluzioni. Altra inchiesta mediatica, finita in un nulla di fatto, sarà Vipgate e coinvolgerà Franco Marini, Nicola Latorre, Maurizio Gasparri, Francesco Storace, Umberto Vattani, Tony Renis e Anna La Rosa. Associazione per delinquere, turbativa d’asta, corruzione ed estorsione, le accuse. Dopo Potenza per Woodcock arriva il trasferimento a Napoli con l’inchiesta sulla P4, una loggia P2 al quadrato. Figura centrale è Luigi Bisignani, accusato di aver creato un sistema informativo parallelo. Saranno coinvolti il magistrato Alfonso Papa, all’epoca deputato del Pdl e l’allora capo di Stato maggiore della guardia di finanza Michele Adinolfi, il comandante in seconda della Gdf Vito Bardi, oltre ad una pletora di dirigenti della Rai, delle Ferrovie e dei Ministeri. Le accuse verranno ridimensionate dalla Cassazione che stabilirà l’insussistenza dell’associazione a delinquere.

Dopo la P4, parte Consip, un’altra maxi indagine. Il procedimento sulla centrale acquisti della Pa nel 2016 coinvolge l’entourage dell’allora premier Matteo Renzi, il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette, i vertici della guardia di finanza, l’imprenditore ed editore di questo giornale Alfredo Romeo. Qui c’è una cosetta che vale la pena ricordare, così per sorridere anche se c’è francamente poco da ridere, la parte principale del reato contestato a un dipendente della Romeo Gestioni è il regalo di un myrtillocactus una pianta, tutta attorcigliata che ha un valore che solitamente non supera i cento euro, a una funzionaria della Regione Campania. Sì, cento euro. Torniamo sei, il fascicolo dell’inchiesta verrà poi spacchettato in vari tronconi, alcuni dei quali trasmessi per competenza a Roma. Quelli nei confronti di Romeo e Del Sette si sono conclusi con una assoluzione. Altri si trascinano stancamente nelle aule dei tribunali. L’inchiesta Consip, comunque, verrà ricordata per la più grande fuga di notizie della storia della Repubblica, con una intera informativa di oltre mille pagine redatta dai carabinieri del Noe finita integralmente nelle redazioni dei giornali.

Per questa indagine Woodcock subirà anche un procedimento disciplinare al Csm poi archiviato per “condotta irrilevante”. Al Pm furono contestate le modalità dell’interrogatorio di Filippo Vannoni, il presidente della municipalizzata fiorentina Publiacqua, accusato di essere a conoscenza che la Procura stava facendo indagini nei confronti di altri manager pubblici. Vannoni venne sentito alla vigilia di Natale del 2016 da Woodcock come persona informata dei fatti, quindi come testimone e senza l’assistenza di un difensore. Per il Csm però già allora c’erano tutti gli elementi per iscriverlo nel registro degli indagati. Fu un interrogatorio “molto duro”, disse poi Vannoni, con domande “pressanti” concentrate soprattutto sui “rapporti con Matteo Renzi”, e poi una frase, “vuole fare una vacanza a Poggioreale”, che gli sarebbe stata rivolta da Woodcock e di fronte alla quale il manager era rimasto “colpito e intimidito”. Nell’elenco di flop non può mancare l’inchiesta sui vertici di Cpl Concordia, accusati di corruzione in relazione agli appalti per la metanizzazione dell’isola di Ischia, con l’arresto del sindaco Giosi Ferrandino, ora europarlamentare Pd. Scontato l’esito: tutti assolti. Dulcis in fundo, il procedimento a carico del professore Francesco Fimmanò, ex componente del Consiglio di Presidenza della Corte di Conti, fatto anche perquisire all’alba, la cui ‘colpa’ era stata quella di aver fatto l’avvocato, rappresentato l’Università Pegaso nel procedimento innanzi alla Sezione consultiva del Consiglio di Stato.