La guerra in Ucraina
Zar-a-lago, la call Putin-Trump si farà ma il Cremlino si lega anche con l’Iran
l negoziato deve avere il placet di Zelensky che cerca di capire come ottenere il più possibile dall’accordo richiesto dagli Usa. Sull’altra linea invece Mosca ha già stretto la mano a Teheran per “energia e sicurezza”

Dal Cremlino, il portavoce Dmitry Peskov lo ha ripetuto anche ieri: l’incontro tra Vladimir Putin e il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, non è uno scenario remoto. “Finora non esiste una preparazione sostanziale, c’è una dichiarata comprensione e volontà politica, perché tali contatti sarebbero molto, molto necessari e auspicabili” ha detto il funzionario russo. E tutto fa credere che tra Mosca e Mar-a-Lago qualcosa si stia muovendo. All’ombra del Cremlino preferiscono formalmente rimandare le discussioni a dopo il cambio della guardia alla Casa Bianca.
Ma sembra ormai chiaro che lo “zar” abbia tutto l’interesse a parlare con il prossimo presidente Usa. E le dichiarazioni che arrivano dallo staff repubblicano fanno intendere che l’interesse sia reciproco. Michael Waltz, l’uomo scelto da Trump come consigliere per la Sicurezza nazionale, ha detto alla Abc di “prevedere” una conversazione telefonica tra i due leader “nei prossimi giorni o nelle prossime settimane”. E in attesa di capire quando avverrà questo primo contatto, qualcuno già inizia a pensare al luogo in cui potrebbe avvenire l’ipotetico incontro. Per alcuni osservatori, è possibile che l’incontro si tenga in un forum internazionale o in un Paese del “Sud del mondo”. C’è chi ha avanzato l’idea che il summit avvenga in Serbia, Paese storicamente vicino alla Russia. Altri hanno ipotizzato un incontro in un Paese arabo, una delle monarchie amiche degli Stati Uniti ma in ottimi rapporti con Mosca, specie in ambito energetico. Si studia anche la possibilità che un summit di questo tipo possa avvenire in Svizzera, che però dovrebbe concedere a Putin l’immunità dal mandato di arresto spiccato dalla Corte penale internazionale. E il tema è già sul tavolo del governo elvetico, come ha spiegato il portavoce del ministero degli Esteri, Nicolas Bidault.
La macchina della diplomazia, quindi, inizia a muovere i suoi primi passi. E anche se lo stesso Peskov ieri abbia detto che “al momento non abbiamo prerequisiti per riprendere i negoziati e la parte ucraina rifiuta di farlo”, è chiaro che a questo punto il ritorno di Trump alla Casa Bianca possa accelerare il percorso verso una prima ripresa delle trattative sulla fine della guerra in Ucraina. Un negoziato che però deve avere il placet non solo di Putin, ma anche dell’altro protagonista, Volodymyr Zelensky, che cerca di capire come ottenere il più possibile da un accordo che appare sempre più richiesto dal suo maggiore alleato, e cioè gli Usa. Waltz, parlando della possibile partecipazione del presidente ucraino all’incontro fra Trump e Putin, ha detto che non è ancora stato stabilito “il quadro preciso” di questo vertice.
Il ministro degli Esteri ucraino, Andrij Sybiha, ha dichiarato di essere “convinto che non è solo nell’interesse dell’Ucraina, ma anche nell’interesse globale che questa guerra finisca in pace il più rapidamente possibile”. Ma la pace deve essere “giusta, globale e sostenibile” ha sottolineato del capo della diplomazia di Kiev. A questo punto della guerra, il timore del Paese invaso è che una tregua raggiunta troppo rapidamente si trasformi in una resa. Sul campo di battaglia, la situazione è difficile. Le truppe ucraine hanno catturato altri due soldati nordcoreani, e secondo l’intelligence di Seul, nel Kursk sarebbero morti già 300 militari inviati da Kim Jong-un. Ma nel Donbass, le forze russe proseguono in quella che appare una lenta ma inesorabile avanzata. Il ministero della Difesa di Mosca ha annunciato la conquista di un altro villaggio, Peschanoye. L’obiettivo, tanto della Russia quanto dell’Ucraina, è arrivare al tavolo delle trattative nella migliore posizione possibile. E non è un caso che Zelensky, pur con le sue truppe in difficoltà a est, abbia preferito non rinunciare anche una piccola parte del Kursk. E mentre l’Occidente si interroga sugli aiuti all’Ucraina e l’Europa appare sempre più in disparte nelle scelte che contano sul conflitto, la Russia è pronta a blindare l’alleanza con uno dei suoi partner migliori: l’Iran. Venerdì, durante la visita a Mosca, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian firmerà con Putin un “accordo di partenariato strategico globale” che riguarderà i “settori dell’energia, dell’ambiente e delle questioni relative alla difesa e alla sicurezza”. E la preoccupazione di Kiev e della Nato è che questo patto porta lo stesso nome di quello siglato tra Putin e Kim. E che si è tradotto in invio di armi, uomini e mezzi per sostenere la guerra in Ucraina.
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