La storia del 20enne italiano cha ha deciso di partire per aiutare
A 20 anni parte per l’Ucraina come infermiere, ora combatte: “So che è illegale ma preferisco difendere i bambini di Mariupol”
Ha 20 anni e studiava da l’infermiere. Marco (nome di fantasia, ndr) è partito per aiutare la popolazione ucraina come sanitario, poi si è ritrovato con un fucile in mano a combattere. E adesso aiuta curando e combattendo. “Finché non conoscono il mio nome e il mio cognome sono al sicuro e preferisco veder sorridere un bambino e sua madre piuttosto che tornare in Italia, mi prendo i rischi penali”.
“Mi trovo a Mariupol – spiega all’ANSA, con i secondi contati – e sono venuto qui con un autobus per fare l’infermiere perché studio infermeria. Ma qui servono uomini in grado di combattere e quindi mi sono ritrovato con un fucile in mano anche io, sono in prima linea: ho sparato e colpito diverse persone, non so sinceramente che fine abbiano fatto. Spesso chi è colpito riesce ad allontanarsi come se niente fosse ma poi muore poco dopo, accasciandosi a terra. Ho assistito più di una volta a scene come questa. Servono uomini specializzati, uomini del settore, non persone che facevano fino a un mese fa il fornaio o l’impiegato, i russi sono militari esperti. Chi è venuto qui in Ucraina invece è spesso come me, ha 20 anni e non ha mai imbracciato un’arma”.
Marco è a Mariupol da due settimane, e non pensava che avrebbe combattuto anche lui: “Gli ucraini si stanno difendendo da soli, è inutile fornire armi se non si forniscono anche gli uomini in grado di saperle maneggiare. Questa guerra è basata su un attacco ingiustificato da parte della Russia, non si può stare a guardare, perché ci sono da difendere bambini, donne e anziani, molti dei quali stanno morendo sotto le bombe. Sappiamo di prigionieri sgozzati, la situazione è davvero grave”.
I cinque minuti a disposizione di Marco sono quasi terminati ma lui ci tiene a far sapere di aver assistito a qualcosa che resterà per sempre impresso nella sua mente: “Qui vicino c’è un corridoio umanitario, per questo arrivano molti civili che vengono portati in Russia; tanti decidono quindi di restare qui. È un’area in cui è vietato sparare, anche noi dobbiamo stare attenti, eppure pochi giorni fa un colpo di mortaio è arrivato in questo settore colpendo in pieno una macchina. Dentro c’erano dei bambini, sono morti carbonizzati. Abbiamo visto le sagome piccole, è stato agghiacciante, e non abbiamo potuto far altro che constatare la loro morte”.
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