Il vento. Dicono che se non mastichi nulla di vento, a Bari sei tagliato fuori da almeno il 50% delle discussioni. È un elemento molto presente. Levante, va da sé. Ma anche maestrale e scirocco. E il vento elettorale a Bari è tutto sommato una brezza discreta. Quasi impalpabile. Definirlo un rumore di fondo forse è troppo. Però non è certamente l’argomento più dibattuto. A voler essere magnanimi è al terzo posto nella hit delle conversazioni in città. Al primo posto, per distacco, c’è la Bari. Qui la squadra di calcio è declinata al femminile. Non c’è bisogno di ricordare il feudo dei Matarrese, è storia d’Italia non solo del Levante. Non c’è errore più grave commesso dal sindaco uscente Antonio Decaro (due consiliature di fila e oggi candidato alle Europee, col Pd ovviamente) di aver regalato, nell’estate del 2018, la Bari a De Laurentiis. Con conseguenze decisamente più gravi rispetto alla storia della foto con la sorella del boss Capriati. Non c’è paragone. Con De Laurentiis Decaro pensava di aver realizzato un investimento politico. Invece si è rivelato un boomerang. Calcistico e politico visto che il produttore ha candidamente ammesso di concepire il club come una succursale del Napoli. Se avesse dichiarato di voler radere al suolo la città, avrebbe provocato meno rabbia. Proprio l’altro giorno, l’ex sindaco lo ha attaccato. Teme un contraccolpo elettorale da retrocessione. È il più grande timore del Pd, probabilmente l’unico.

L’altro tema caldo di conversazione è del tutto slegato dalla politica. È lo scandalo delle baby prostitute, un giro di squillo minorenni di cui tanti sapevano: dai proprietari di alberghi e b&b, forse anche alle forze dell’ordine visto che le accuse riguardano anche il figlio di un poliziotto. Quattrocento, cinquecento euro a prestazione, pure settecento. «Andando a scavare – ha detto lo scrittore Andrea Piva – finisce sempre che comprano borse e scarpe, vanno in ristoranti di lusso. Senza fare la morale, è evidente che insegniamo a questi ragazzi a guardare nel modo sbagliato».

Solo al terzo posto troviamo le amministrative. Con tre candidati su tutti. Il favorito è Vito Leccese, erede dell’amministrazione Decaro. Va bene al Pd. Angelo Bonelli lo presenta così: «Sarà il primo sindaco verde di una città del Sud». I sondaggi lo accreditano tra il 36 e il 40%. Al ballottaggio molto probabilmente se la vedrà con Fabio Romito, giovane consigliere regionale leghista ed esponente del centrodestra che arriva unito al voto anche se la Lega non presenterà il proprio simbolo. Qui Salvini è venuto ma in tour con Vannacci, per le Europee. Un po’ più dietro, nemmeno tanto, c’è Michele Laforgia, avvocato, candidato di M5S, SI e Psi. È stato a un passo dal diventare un protagonista nazionale di queste elezioni. Innanzitutto perché è un candidato grillino garantista: un panda. L’altro giorno, in pieno marasma per un’inchiesta su un consigliere di centrodestra, ha detto: «Sono garantista per professione e non mi pronuncio su una vicenda che non conosco. La politica, piuttosto che star dietro alle indagini giudiziarie, dovrebbe avere il coraggio di fare una profonda opera di rinnovamento al proprio interno: in termini di metodi e di persone». E poi perché è stato a un passo così dall’essere sostenuto da Matteo Renzi che si è sfilato quando ha letto la sua firma sui referendum contro il Jobs Act. Peccato, Renzi e Conte sullo stesso palco per il candidato sindaco sarebbe stata un’immagine da non perdere.

Temi caldi non ce ne sono. Anche se proprio l’altro giorno s’è accesa una spia. Dibattito sull’apertura di un nuovo molo foraneo nel porto di Bari. Do you remember Genova? Il centrodestra lo vuole, il verde-piddino Leccese no. Cita persino Pasolini e la felicità adriatica. La verità è che anche nella terra che fu di Aldo Moro, la politica scalda meno. Bari va forte a prescindere. La città è stata consigliata persino dal Wall Street Journal con un lungo reportage. A ripensarci, il terzo argomento di discussione è questo. Le elezioni scivolano al quarto.