C’è tutto un mondo attorno ai matrimoni. È un indotto fatto di tante imprese, grandi e piccole, che forniscono servizi e prodotti per soddisfare le esigenze dei futuri sposi. È un settore che fattura miliardi di euro ogni anno e dà lavoro a milioni di lavoratori, fra professionisti, artigiani e maestranze. Ed è un mondo che in questo periodo vive sospeso in un limbo di preoccupazioni e incertezze e teme di essere ignorato dalle istituzioni. “C’è assoluta mancanza di provvedimenti per il settore wedding da parte delle istituzioni”, denuncia lo stilista di abiti da sposa Gianni Molaro che ha due atelier tra Napoli e Roma e ora si fa portavoce delle ansie e dei timori dei lavoratori di un settore capace di generare sempre grande occupazione.

Adesso che l’emergenza sanitaria consente di pensare alla cosiddetta fase 2 e che le istituzioni stanno elaborando iniziative per consentire all’economia di rimettersi in moto dopo lo stop imposto dalle più stringenti misure adottate per contenere i rischi di contagio da Covid-19, ci sarà da pensare anche alle sorti degli operatori del settore del wedding. “Il governo – spiega Molaro – sta progettando la ripartenza di alcune piccole produzioni, tuttavia occorre dare anche la possibilità di raggiungere l’acquirente finale ovvero, nel caso specifico, di trovare soluzioni per permettere alle coppie di sposarsi con tutti gli investimenti che conosciamo”.

Non basta, dunque, pensare di poter rinviare le nozze di qualche mese, occorrono misure per evitare che le ricadute della pandemia in termini economici e occupazionali abbiano effetti irrimediabili. Per comprendere le dimensioni del problema basta considerare alcuni dati. I mobilifici, nell’anno 2018, hanno fatturato 7,5 miliardi di euro, di cui 4 miliardi in Italia, e il 90% dell’arredamento viene acquistato da future coppie di sposi. Sempre nel 2018 i fiorai italiani hanno fatturato 5 miliardi di euro, provenienti per la maggior parte dai 196mila matrimoni celebrati. Esistono 700 aziende italiane, tra piccole e medie, che producono bomboniere, con circa 6mila punti vendita sparsi su tutto il territorio nazionale che registrano un fatturato di circa 800 milioni di euro offrendo occupazione a circa 30mila persone, mentre i fotografi fatturano, ogni anno, circa 400 milioni di euro unicamente grazie al settore wedding.

Per non parlare dell’edilizia, fra idraulici, elettricisti, fabbri, falegnami, imbianchini, e dell’intera filiera di produzione delle materie prime. “Vogliamo parlare del comparto gioielleria? Oppure dei viaggi di nozze? – chiede lo stilista – I viaggi sono bloccati, per il momento, ma si potrebbero veicolare in buona parte nella nostra nazione, così da risolvere, seppure in parte, le difficoltà del settore turistico per quest’anno”.

“Inoltre – aggiunge – ci sono estetisti e parrucchieri che da sempre, grazie ai matrimoni, mantengono una gran parte del loro fatturato”. C’è un mondo, dicevamo. Di cui fanno parte anche tutti coloro che si occupano di noleggio di auto, della stampa delle partecipazioni, della musica per l’intrattenimento, delle società di animazione. “E infine, ma non ultimo, c’è il mondo della moda da cerimonia, che in Italia ha svariati miliardi di fatturato, e di noi produttori di abiti da sposa – conclude Molaro – Dal governo vogliamo direttive certe per coloro che sono in procinto di sposarsi così come per tutti noi operatori del comparto”.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).