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Il Forum on China-Africa Cooperation (Focac) è ormai il più importante appuntamento dedicato ai paesi africani grazie alla grande attenzione con cui Pechino lo organizza dal 2000. L’edizione 2024 in programma dal 4 al 6 settembre ha visto la partecipazione di ben 53 stati africani su 54, fra presidenti, primi ministri, ministri degli esteri o rappresentanze governative, un autentico record che ha messo in discussione la forza degli stessi forum organizzati da Stati Uniti, Turchia, Russia e Francia. La Cina ha alternato la sede fra la sua capitale e una serie di città africane da Addis Abeba a Sharm el-Sheikh, da Johannesburg fino all’ultimo che si è tenuto da Dakar nel 2021.
L’unico stato africano non presente a Pechino è eSwatini, un piccolo regno stretto fra Sud Africa e Mozambico conosciuto fino al 2018 come Swaziland. Questo paese è l’unico che intrattiene rapporti diplomatici con Taiwan e per questo motivo non è stato invitato a partecipare. Prima dell’inizio ufficiale del forum il Segretario Generale del Partito Comunista cinese Xi Jinping ha incontrato personalmente alcuni capi di stato presenti come i leader della Repubblica Democratica del Congo, del Togo, del Mali, delle Comore e di Gibuti, quest’ultimo unico paese al mondo che ospita un base militare cinese sulle determinanti acque del Mar Rosso. Ma l’incontro privato più importante è stato indubbiamente quello con il presidente della Nigeria Bola Tinubu, capo della più grande ed importante economia del continente africano dopo il Sud Africa. Il nuovo Focac ha visto anche la presenza del Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e una serie di organizzazioni regionali asiatiche ed africane in qualità di osservatori.
Xi Jinping si è impegnato ad aumentare il sostegno al continente africano con un finanziamento di circa 51 miliardi di dollari in tre anni, soprattutto per la realizzazione di infrastrutture. Il Segretario Generale ha dichiarato che senza lo sviluppo dell’Africa non ci potrà essere lo sviluppo globale ed ha sottolineato l’attenzione di Pechino alle realtà emergenti in contrapposizione ad un occidente chiuso in sé stesso. Xi ha anche parlato dell’apertura di una serie di linee di credito e della cancellazione di una parte dell’enorme debito che grava sull’Africa. Questa volta la Cina però verserà i suoi finanziamenti in Yuan, rafforzando il peso internazionale della propria moneta ed iniziando il lungo processo di de-dollarizzazione che Pechino sognerebbe per gli scambi internazionali. La Cina è attualmente il primo partner commerciale dell’Africa con uno scambio bilaterale che nei primi sei mesi del 2024 ha raggiunto i 168 miliardi di dollari. Tra il 2020 ed il 2022 Pechino ha prestato ai paesi africani 170 miliardi di dollari, quasi cinque volte il totale dello sviluppo continentale.
In questa tre giorni si è parlato della possibilità di crescita di investimenti cinesi in Africa che potrebbe arrivare a 300 miliardi di dollari entro il 2035. La Cina è però anche il maggior creditore e la maggioranza di questi crediti non sono e non saranno mai esigibili. Da molti Pechino è stata accusata di far cadere i paesi africani nella cosiddetta trappola del debito che fa passare il controllo di tutte le infrastrutture chiave direttamente ai creditori cinesi. Lo Zambia è l’esempio più lampante di questa politica, Lusaka aveva raggiunto la cifra di 18 miliardi di debito di cui un quarto nei confronti della Cina che ha cancellato una parte del debito, ma ha preso in gestione la Tazara, la ferrovia che collega la Tanzania con lo Zambia. Ma anche Angola, Egitto, Nigeria e Kenya sono fra i paesi a più alta esposizione debitoria. Pechino è anche accusata di gravi reati ambientali in Africa come la deforestazione di legname pregiato in Mozambico o la distruzione della baia delle balene in Sierra Leone.
Il nuovo Forum on China-Africa Cooperation non è altro che l’ennesima prova di forza di Pechino che da oltre 25 anni investe nel continente africano. Un messaggio diretto alla vecchia Europa che sta faticosamente cercando di recuperare terreno e soprattutto agli Stati Uniti che sotto l’amministrazione Biden hanno riattivato i rapporti con molti paesi africani. Washington ha lavorato per inserire l’Unione Africana nel G20 e ha elargito a pioggia enormi finanziamenti a tutti quegli stati che non hanno rapporti diretti con la Russia. Ma il gioco di Pechino è più pesante e lo dimostra il successo di presenze a questa edizione del Focac che sancisce definitivamente chi ha il peso maggiore nel continente africano.
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