Il figlio ricorda il cantante simbolo di Napoli
Alessandro Daniele racconta il padre Pino: “Papà si è sentito escluso, amava e temeva i suoi fan”
Il più grande problema di Pino Daniele “è stato essere Pino Daniele”. E a dirlo è il figlio del cantautore (per brevità) e chitarrista napoletano, Alessandro Daniele, che al padre ha dedicato un libro, Pino Daniele – Tutto quello che mi ha dato emozione viene alla luce, edito da Rai Libri. “Viveva la popolarità in maniera conflittuale. Era legato ai suoi fan, ma qualche volta l’aggressività di quelli che contestavano la sua evoluzione artistica lo feriva”, ha raccontato l’autore in un’intervista a Il Corriere della Sera.
Alessandro Daniele, figlio di Daniele e della prima moglie Dorina Giangrande, ha raccontato vita e aneddoti dietro le canzoni e le scelte artistiche del padre. Da Napoli all’amore per la chitarra, dai bassi del Centro Storico ai palchi di mezzo mondo, dall’uomo estroso ed estroverso a una personalità timida e anche schiva a volte. “Papà è nato nei quartieri popolari di Napoli, ha avuto una famiglia con numerosi problemi, è stato allevato da due vicine di casa benestanti, ha rischiato di restare per sempre sulla strada. Parlava napoletano, da ragazzo faceva fatica ad esprimersi in un italiano corretto. E dunque, sì, si è sentito escluso nel momento in cui ha deciso di fare musica”.
E anche se gli dicevano che avrebbe dovuto lasciare la chitarra, e diventare ragioniere, la musica non l’aveva mai abbandonata. “Nonno Gennaro era malato di azzardo. Sperperava soldi, trattava male sua moglie e anche i suoi figli. Eppure papà non lo ha mai abbandonato e anche quando si è ammalato ha voluto fargli sentire il calore di una famiglia intorno. Diceva che lui l’odio lo aveva conosciuto davvero e non voleva averlo intorno a sé, in nessuna forma”.
Alessandro Daniele definisce il padre come “un miracolo in movimento” per la semi-cecità e i problemi al cuore che lo avevano afflitto per la vita intera. È nato nel 1979: in pieno periodo neapolitan power, negli anni della rivoluzione del padre nella musica partenopea e italiana. È project manager e produttore artistico in ambito musicale. Con il padre ha lavorato per circa quindici anni diventando anche suo personal manager. Dirige la Fondazione Pino Daniele ETS attiva in iniziative sociali e benefiche.
“‘Nella mia musica c’è il grande patrimonio della musica tradizionale e popolare – ha aggiunto nell’intervista citando il padre – , ma anche molte cose nuove, è un modo per portare la melodia tradizionale al di fuori di Napoli e se canto in inglese ogni tanto è proprio per far capire Napoli anche fuori dall’Italia”. Anche se in molti non avevano compreso e avevano sempre rinfacciato le svolte artistiche al padre: “C’erano quelli che avrebbero voluto ‘congelarlo’ ai tempi di Nero a metà. E glielo dicevano con durezza, a volte quasi minacciandolo. Ma la grandezza di papà è stata soprattutto quella di essersi evoluto, di non aver mai rinunciato a sperimentare”.
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