Gli arretramenti in senso anti-garantista della maggioranza di centrodestra possono sorprendere solo chi ingenuamente aveva dato credito a qualche vago proclama liberale di quello schieramento e alla scelta di officiare Carlo Nordio a capo del ministero della Giustizia.

In realtà non era nemmeno necessario attendere qualche mese di esercizio esecutivo per capire che la linea di quella maggioranza si sarebbe affidata a una direttiva anche peggiore rispetto a quella del partito delle Procure, vale a dire il risentimento di piazza, violento e plebeo, che fa accantonare i diritti delle vittime dell’ingiustizia in omaggio a quelli della gente “perbene”, la gente che non tira la fine del mese, la gente che si comporta come si deve mentre i criminali e la canaglia la fanno franca: insomma la gente dell’Italia onesta che fa da serbatoio di voti per il demagogo forcaiolo che agita il pugno di ferro, possibilmente ornato di rosario, e reclama quel che dopotutto Giorgia Meloni aveva promesso, garantismo prima del processo (ma quando mai?) e giustizialismo nell’applicazione della pena (sempre). A cominciare dai tormenti del carcere duro e dell’ergastolo ostativo di cui addirittura ci si compiace nel vederli finalmente applicati ai malati di cancro.

Evidentemente sul presupposto che quando un pericoloso criminale è arrestato non ci si debba limitare a impedirgli di nuocere: e che compito dell’ordinamento, da rivendicare orgogliosamente, sia invece di farlo soffrire. Che poi di garantismo prima del processo si veda poca traccia, anzi nessuna, e che in questi giorni si assista a intendimenti di involuzione illiberale che riguardano non solo l’esecuzione ma proprio la fase anteriore all’irrogazione della pena, proprio la fase di attivazione del potere punitivo dello Stato, proprio l’area in cui avrebbe dovuto insistere – figurarsi – il già dimidiato approccio garantista della destra Ruspa&Ordine, è solo la riprova di quanto fosse perlopiù apparente e dopotutto contraffattorio il lustro di attenzione ai diritti civili di cui faceva mostra questa destra: e di quanto fosse invece profonda e genuina la completa estraneità di quella tradizione politica alle ragioni dello Stato di diritto incardinato sul rispetto dei diritti individuali, non quelli degli amici e famigli, non quelli dei sodali di partito, ma quelli delle persone sottoposte a giustizia e perciò solo, dunque, in quanto parti deboli, bisognose dell’attenzione garantista.

Una patina liberale certificata dalla presenza di un guardasigilli di ottime letture rischia di trasformarsi nel lasciapassare che licenzia controriforme anche più regressive rispetto a quelle che farebbero la felicità del potere togato, e questo proprio perché la subordinazione alla chiama forcaiola e il disinteresse per i diritti delle vittime della giustizia sono per questa destra motivi di indirizzo anche più forti della corrività di sinistra verso la prepotenza del sistema giudiziario. È un giustizialismo insediato e accreditato nella piazza, anziché nei corridoi delle procure e del Csm, e rischia perciò di essere anche più selvaggio.