Garlasco
Andrea Sempio e l’impronta numero 33, l’avvocato: «È una bufala». Le difficoltà sulla 10 e il chiarimento necessario sulle scarpe

C’è solo un’impronta – priva di sangue – che corrisponde a quella di Andrea Sempio tra le otto giudicate utili per un’identificazione dattiloscopica. È la numero “33”, asportata dal muro grattando l’intonaco con un bisturi sterile dopo essere stata rinvenuta sulla seconda parete destra delle scale che conducono al seminterrato della villetta di Garlasco dove è stato trovato il cadavere di Chiara Poggi, la ragazza uccisa – secondo sentenza definitiva – da Alberto Stasi, condannato a 16 anni di reclusione. Quindici “minuzie dattiloscopiche” collegano Sempio all’impronta. Ma come ci sia finita su quel muro il mignolo della mano sinistra dell’unico indagato del secondo filone del delitto è ancora da chiarire. Della stessa, un tempo ancora non identificata, i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano in un’annotazione del luglio 2020, scrissero: “È logico-fattuale che appartenga all’assassino”, un’informativa che faceva parte del fascicolo che quello stesso anno però fu archiviato.
Il valore dell’impronta numero 33 di Sempio
È a dire il vero una corrispondenza che il legale dei genitori di Chiara, Gian Luigi Tizzoni definisce non “non così decisiva come la vogliono propagandare”. Si tratta di un’impronta senza sangue. Sempio infatti era molto amico di Marco Poggi, il fratello di Chiara, e frequentava l’abitazione di via Pascoli e anche la tavernetta, dove Marco giocava ai videogiochi, setacciata ora grazie alle più recenti tecnologie a disposizione delle investigazioni scientifiche. Anche l’avvocato di Sempio, Massimo Lovati ha ribadito a ‘Chi l’ha visto?’ che “non è detto che l’impronta lo collochi nel luogo del delitto quando fu uccisa Chiara”. Rispondendo con un secco: “Per me è una bufala”.
L’impronta numero 10, una mano sporca senza possibilità di comparazione
C’è infine un’altra impronta, la numero “10”, presente sulla “parte interna” della porta d’ingresso della villetta dei Poggi. L’impronta di una mano sporca, anche se all’epoca dell’omicidio non venne fatta alcuna indagine biologica per accertare se ci fosse sangue. “Lasciata ovviamente dall’aggressore all’atto dell’allontanamento dalla scena del crimine”. Era stata fotografata per la prima volta il 17 agosto 2007 dal Ris di Parma, ma non è mai stato possibile attribuirla ad un indagato. “Non ha i 16 punti utili ad una comparazione”, ma ne ha “solamente otto”, si leggeva al tempo. Una difficoltà che anche a distanza di tempo, con nuove tecnologie a disposizione, non si è riusciti a superare.
Il chiarimento necessario sulle scarpe
Proprio su quelle scale era stata rinvenuta la traccia di un’unica scarpa, calzata – secondo gli investigatori – dall’assassino. Una suola “a pallini”, numero 42, che si fermava al secondo scalino senza scendere più in basso, in prossimità dalla manata di Sempio. Un dettaglio dunque che gioca ancora a favore di quest’ultimo, con la difesa di Stasi che sta però procedendo per appurare ancora una volta quale sia il numero riferibile a quella scarpa, se il 42 (come il numero calzato da Stasi) o il 44 (come quello calzato da Sempio). Qualsiasi dettaglio farà la differenza.
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