L'editoriale
Antisemitismo, l’incendio si propaga. Il seme dell’odio aspetta già le prossime vittime

Che cosa vi aspettavate, razza di pelosi ipocriti che non siete altro, allevati e pasciuti nei media, nella cultura e nella politica d’Italia e dell’Occidente? Che non ci fosse qualcuno pronto a raccogliere il testimone degli insulti, delle minacce, degli incitamenti alla violenza antisionista e antisemita e passare all’azione per sparare e uccidere? A Washington è accaduto semplicemente quello che doveva accadere, perché quando si semina odio si raccoglie tempesta. E poco importa se a uccidere due ragazzi ebrei che stavano per recarsi a Gerusalemme la prossima settimana a dichiararsi il loro amore, sia stato un «pazzo» – come vi piace dire in queste ore per mettere a tacere la vostra coscienza, se ancora ne possedete una – oppure il terminale organizzato di una catena terroristica.
Il clima d’odio mai così visibile
Quello che è certo è che il velenoso fiume carsico di giudeofobia, che scorre nel sangue malato dell’umanità da duemila anni, non è mai stato così visibile, diffuso e pervasivo come negli ultimi mesi. Una realtà che va oltre le statistiche. Un clima di odio e di paura che coinvolge la quotidianità di milioni di persone, lambisce le istituzioni e interroga la nostra coscienza collettiva. Nel 2024, nella sola Italia, sono stati censiti 877 episodi di antisemitismo, quasi il doppio rispetto al 2023. Di questi, 600 sono cresciuti nelle fogne dell’online, veicolati da hashtag e slogan che glorificano il terrorismo e demonizzano Israele e il popolo ebraico. Mentre i 277 episodi «materiali» vanno dalle aggressioni fisiche (da 32 a 68 in un anno), alle scritte e ai simboli nazisti su edifici e cimiteri, alle minacce dirette a studenti, docenti e membri delle comunità ebraiche, a boicottaggi e discriminazioni nei luoghi pubblici e nelle università. Il 94% degli ebrei italiani dichiara di aver subito almeno un episodio di antisemitismo nell’ultimo anno. In alcune città, studenti ebrei e israeliani hanno dovuto nascondere la propria identità o cambiare scuola per paura di ritorsioni. La distribuzione dei periodici delle comunità ebraiche avviene in modo clandestino, per evitare reazioni ostili.
L’esplosione nelle manifestazioni pubbliche
L’antisemitismo è esploso poi nelle manifestazioni pubbliche, dove la critica (legittima) alla politica israeliana si trasforma in odio antiebraico alimentato da gruppi estremisti, dal falso storico che equipara il «sionismo» al razzismo o al colonialismo, e da guitti politici alla Conte che soffiano sul fuoco per un voto in più da recuperare nella melma. Nel mondo, dopo il 7 ottobre 2023, l’escalation globale dell’antisemitismo ha riguardato – dicono i tanti dossier – la Francia, la Germania, il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, l’Argentina, la Svizzera, la Spagna, con aggressioni fisiche, vandalismi a sinagoghe e cimiteri, minacce, discriminazioni, boicottaggi, oltre alla solita valanga di odio online. In Svizzera, i casi sono aumentati del 42,5% nel 2024 rispetto all’anno precedente; in Francia, gli episodi sono più che quadruplicati; in Germania, tra ottobre 2023 e gennaio 2024, si sono registrati quasi tanti episodi quanti in tutto il 2022. Negli Stati Uniti, nei campus universitari si moltiplicano le intimidazioni, e le minacce contro studenti ebrei sono all’ordine del giorno. Perché il salto di qualità dell’antisemitismo dei nostri tempi è che non occupa più soltanto i margini della società, ma si è infiltrato nei rami alti, dalle Università alle scuole, ai social network, ai media, ai luoghi di lavoro, per sfociare nei salotti buoni in cui è obbligatorio pronunciare la frase chiave: «Io antisemita? Nemmeno per idea, starei con Israele però stanno esagerando, però Netanyahu…». Le stesse cose che sentivo dire da ragazzo, quando gli odiati erano Golda Meir, e poi via via i Begin, i Barak e gli Sharon: tutti urticanti e fastidiosi solo perché combattevano per la sopravvivenza di Israele.
Aspettando le prossime vittime
Ora la guerra di Gaza ha fatto riemergere le radici profondissime di un odio che si alimenta delle più nefaste teorie cospirazioniste e negazioniste e di quella retorica della «colpa collettiva» che è la più atroce delegittimazione dell’identità ebraica. Per questo non ci stupisce affatto l’episodio di Washington, «ordinaria» messa in pratica di subculture primitive. E, mentre aspettiamo le prossime vittime e le prossime giaculatorie delle anime belle, non possiamo fare altro che continuare la nostra piccola battaglia quotidiana in difesa di quegli elementari e basilari principi di civilizzazione che portano scritti a caratteri cubitali la parola «Israele».
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