Marta Vincenzi è stata sindaca di Genova con il Pd e a suo tempo vittima delle toghe.
Dal novembre 2012 viene coinvolta dall’inchiesta giudiziaria relativa all’alluvione di Genova del 4 novembre 2011, in cui avevano perso la vita sei persone.
Il 20 giugno 2014 è rinviata a giudizio e annuncia di voler rientrare in politica «non tanto per ricoprire una carica ma per prendere parte al dibattito politico, non essendo un processo per corruzione».
Il 28 novembre 2016 viene condannata a 5 anni di reclusione per omicidio colposo plurimo, disastro colposo.

La sua Liguria è una regione sfortunata, dal punto di vista delle inchieste. Che partono roboanti e finiscono in un magnifico nulla
«Ho letto per ora solo il comunicato stampa della Procura. Non ho chiaro il quadro… è una vicenda che appare complessa, con più filoni uno sull’altro. C’è il tema del voto di scambio. Potenziale, perché quando parliamo di inchieste ricordiamoci che parliamo di ipotesi. Io, essendoci passata, dico come il poeta: ‘Il cor mi si spaura’”. E l’altro legato alle concessioni portuali. Come si uniscano i due filoni, non mi è chiaro. Non capisco se ci sono indagini collegate o sono più punti messi insieme».

Molti da sinistra chiedono dimissioni immediate.
«Io auguro a tutti di poter dimostrare la loro piena innocenza. Lo auguro sempre a tutti. Se tutto fosse vero, mi farebbe una tristezza infinita pensare a una Regione in queste condizioni. Le indagini non parlano di un sistema di potere malato ma di una regione malata. Perché sono indagini che parlano di istituzioni, amministrazioni, imprese, di modalità in cui si opera a livello territoriale…»

Troppe volte abbiamo visto inchieste importanti finire nel nulla
«Sì. Troppe volte lo abbiamo visto. E questo è un punto interrogativo che rimarrà tale per un po’. Le perplessità rimangono aperte, ma ci vorrà un tempo infinito per capire se questa inchiesta parla di cose pescate a strascico o se si tratta di indagini raffinate».

Lei stessa è stata vittima di un sistema giudiziario che l’ha colpita pesantemente.
«E’ certamente vero. E sono passati tredici anni, adesso possiamo dire che è una vicenda finalmente conclusa. E’ stata una vicenda che ha pesato molto sulla vita politica e che ha posto fine a un’esperienza amministrativa che aveva avuto il consenso degli elettori. Posso solo dire che almeno non ha determinato nell’immediato il cambio di maggioranza. Era un’amministrazione che aveva messo in essere una serie di cambiamenti che sono stati fermati».

Che giudizio politico dà della Giunta Toti?
«Io non ho apprezzato molto l’azione amministrativa dei suoi due mandati e non mi piacciono, non mi convincono molte delle scelte che ha fatto.
Però mi piacerebbe ragionarne politicamente e non per via giudiziaria. Considero una sciagura che si debba far ricorso a queste scorciatoie giudiziarie per parlare dell’operato di una amministrazione»

Cosa gli direbbe?
«Se Giovanni Toti pensa di essere nel giusto, come pensavo di essere anche io, gli consiglio di essere il più fermo possibile sulle sue posizioni. Non dico stare sereno, non si usa più. Ma ribadisca le sue ragioni a testa alta».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.