Quanto accaduto domenica a Brasilia, quando centinaia di manifestanti seguaci dell’ex presidente di estrema destra Jair Bolsonaro hanno assaltato i palazzi del potere brasiliano, non era imprevedibile.

Dal giorno in cui Bolsonaro ha perso il ballottaggio contro Luiz Inácio Lula da Silva nell’ottobre scorso, sono state decine le manifestazioni e gli atti dimostratativi da parte dei ‘bolsonaristi’, spinti dall’ex presidente che ad oggi non ha ancora riconosciuto la vittoria del suo sfidante, decidendo anche di non partecipare lo scorso primo gennaio alla cerimonia di insediamento.

Per settimane i supporter di Bolsonaro hanno bloccato strade ed autostrade mettendo in atto gesti di vandalismo, mentre nella zona attorno al Parlamento di Brasilia veniva organizzato una sorta di accampamento. Proprio qui le forze dell’ordine, dopo ore di ‘battaglia’ in cui sono riuscite a riprendere il controllo dei palazzi delle istituzioni, hanno arrestato circa 1200 persone secondo quanto riferisce GloboNews.

Quello che emerge chiaramente è che l’organizzazione dell’assalto alla Corte Suprema, al Parlamento e agli altri edifici governativi della capitale, una sorta di Capitol Hill verdeoro, una versione brasiliana degli scontri dei trumpiani al Congresso del 6 gennaio 2021, è avvenuto in particolare via social.

Piattaforme come Telegram, TikTok e Twitter sono state fondamentali per organizzare l’assalto compiuto domenica. Dallo scorso 5 gennaio in Brasile era diventato ‘trending topic’ su Twitter “Festa da Selma”. La parola “Selva” in Brasile è un tipico saluto militare e un grido di battaglia: per evitare censure social, i supporter di Bolsonaro avevano cambiato una sola lettera trasformando in “Selma”, diventato in pochi giorni l’hashtag della protesta.

Proprio il ruolo di Twitter, il social acquistato pochi mesi fa da Elon Musk, proprietario di Tesla e SpaceX, è diventato un argomento di discussione nei media anglosassoni. Secondo un’analisi della BBC, “un certo numero di importanti account Twitter brasiliani che hanno diffuso voci di elezioni truccate sono stati ripristinati dopo l’acquisizione della società da parte di Elon Musk”.

Non solo. Il Washington Post sottolinea anche che Musk ha licenziato l’intero staff di Twitter in Brasile, tranne alcuni venditori. Tra i licenziati vi sono “otto persone che moderavano contenuti sulla piattaforma per intercettare post che violavano le sue regole contro l’incitamento alla violenza e alla disinformazione”.

Ovviamente i social non sono i soli responsabili di quanto accaduto a Brasilia. Le responsabilità maggiori sono di chi ha soffiato sul fuoco della protesta, a partire proprio dall’ex presidente Bolsonaro: quest’ultimo si è ‘rifugiato’ a Orlando, in Florida, già lo scorso dicembre. Secondo il New York Times si troverebbe in una casa che ha preso in affitto da un professionista delle arti marziali vicino al Walt Disney World Resort.

Già prima del voto Bolsonaro aveva evocato brogli, sostenendo che non avesse vinto lui sarebbe stata la prova che le elezioni erano falsate. L’ex presidente ha anche tentato le vie legali dopo il ballottaggio, ma la Corte Suprema ha bocciato la sua causa per una presunta frode elettorale che avrebbe permesso la vittoria di Lula, circostanza che non gli ha impedito però di riconoscere la vittoria del leader storico della sinistra brasiliana.

Altra parte di responsabilità per il disastro di domenica a Brasilia è da imputare anche alla sottovalutazione, o forse connivenza, di chi era responsabile della sicurezza. Il segretario alla sicurezza pubblica della capitale, l’ex ministro della Giustizia di Bolsonaro Anderson Torres, è stato già rimosso dal suo incarico. Ordinata anche la rimozione del governatore del Distretto Federale, lo Stato che ospita Brasilia, Ibaneis Rocha di Mdb, partito di centro destra, legato a Bolsonaro. Per 90 giorni Ibaneis Rocha, come disposto dal presidente del Tribunale Superiore Federale Alexandre de Moraes, non potrà svolgere le sue funzioni. Nelle prossime settimane, quando le indagini della magistratura brasiliana continueranno, non sono escluse altre ‘epurazioni’.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia