Alla giudice Vanessa Baraitser, che presiedeva la corte londinese di Old Bailey, non ha retto il cuore quando si è arrivati a dover decidere se concedere l’estradizione di Julian Assange agli Stati Uniti. Assange è australiano e su lui pendono 18 capi d’accusa per “pirateria informatica” e spionaggio. Oggi è detenuto nel carcere inglese di Berlmarsh. La Baraitser ha concesso un rinvio per motivi umani e di salute: “Aspettiamo che si stabilizzi perché potrebbe suicidarsi”. Se sarà estradato negli Stati Uniti lo aspetta un calvario giudiziario che potrebbe concludersi con una sentenza fino a 157 anni di carcere, senza appello. Tra le accuse oltre la di pirateria informatica c’è quella di spionaggio. Su di lui pesa anche in questo momento il fatto che Putin e tutta la propaganda russa lo abbiano scelto come un esempio della doppia morale dell’occidente che fa di Alexey Navalny la vittima di un regime liberticida, ma che vuole seppellire vivo Julian Assange.

L’australiano inaugurò negli Stati Uniti il suo canale Wikileaks nel 2007 facendo uscire notizie segrete e altre soltanto riservate, mettendo a subbuglio tutti i servizi di sicurezza del mondo, ma specialmente americani. Chi è che fornisce ad Assange materiali classificati cioè protetti dal segreto? Julian non si limita a diffondere segreti americani ma di tutto il mondo occidentale. I suoi leaks sono stati circa dieci milioni e sono stati forniti ad Assange da dissidenti di ogni parte del mondo e che portano alla luce le repressioni cinesi nel Tibet, le purghe in Turchia contro l’opposizione, la corruzione di molti emirati e Paesi arabi e le esecuzioni sommarie della polizia keniota.
Ma il bersaglio preferito di Assange è la politica segreta degli Stati Uniti.

Assange e il bersaglio Stati Uniti

Nel 2007 pubblica il manuale delle guardie carcerarie di Guantanamo, il luogo di detenzione a Cuba per i sospetti terroristi arabi dopo l’attentato alle torri gemelle dell’undici settembre del 2001. Mette online senza discriminazioni e senza un ordine che rende comprensibile il senso dei documenti che porta alla luce ma la sua attività diventa quella di un pericolo pubblico perché minaccia proprio in quella zona oscura che le organizzazioni statali hanno sempre conservato come scheletri negli armadi e che proteggono con regole severissime. Di fronte all’affluenza di centinaia di migliaia di documenti Assange creò una sorta di Tortuga della pirateria informatica per organizzare le notizie, decifrarle e rendere pubbliche.

Assange e le testate 

E così accadde un fenomeno mai registrato prima e che non coinvolge soltanto Assange ma le testate più importanti dell’Occidente come il New York Times, l’inglese Guardian, il tedesco Der Spiegel, il francese Le Monde e lo spagnolo El Pais. Ma il colpo più duro Assange lo vibrò svelando il sancta sanctorum delle 400mila carte riservate sull’invasione dell’Iraq, da cui emersero particolari orribili sui soprusi sui civili e particolari imbarazzanti su quel che si diceva alla Casa Bianca sugli alleati degli americani. Questo colpo fu messo a segno da un militare americano che, dopo aver cambiato sesso, procurò ad Assange 700 mila documenti segreti.

Assange e la Russia

Assange portò a galla ogni genere di vergogna di Stato, ma si rafforzò il sospetto che Assange agisse come fornitore dei russi che usavano il suo materiale per la campagna contro l’Occidente. Nessuna fuga di notizie proveniente dall’impero russo fu pubblicata da Assange che si mise veramente nei guai quando nel 2013 consigliò a Edward Snowden, che si era rivelato una talpa russa nella National Security Agency, di rifugiarsi a Mosca. Assange comincia allora la vita di fuggiasco inseguito da tutte le polizie occidentali a cominciare da quella svedese, accusato di reati sessuali che lui ammette.

Braccato e assediato, Assange si rifugia nell’ambasciata dell’Ecuador dalla quale fa uscire i documenti che accusano Hillary Clinton di aver danneggiato il socialista Bernie Sanders. Cominciano a fioccare condanne penali dal Regno Unito e dagli Stati Uniti. Assange fugge, si rifugia, si costituisce, ha paura e non riesce più a distinguere le sue imprese da rivelatore di segreti da quelle della sua vita personale, ma cresce anche il popolo dei suoi fans che premono per impedire a ogni costo il suo trasferimento negli Stati Uniti dove “certamente si suiciderebbe”, come ha certificato ieri Vanessa Baraitser sospendendo l’estradizione. Se il suo possa essere considerato giornalismo a senso unico è un tema che divide perché il mondo russo e putiniano è stato il suo maggior difensore e Assange non ha mai pubblicato una sola riga sui segreti e le guerre dell’Est.

 

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.