Mai andare fuori sincrono. Ancor peggio fuori tempo: si rischia la confusione, il caos, l’incomprensione. Certamente si danno segnali sbagliati, e come nei vecchi film, si sfiora persino il ridicolo, e finisce che non ti capisce più nessuno e che vieni lasciato ai margini con i tuoi errori. È quello che rischia il presidente Conte con il suo prender tempo, perdere tempo, nei confronti delle grandi scelte a cui il governo italiano è chiamato per portare fuori il Paese dalla crisi in sincronia, appunto, con l’Europa. Ostinarsi sui propri calendari opportunistici, che non sono quelli dell’economia, che non sono quelli dell’Europa, che non sono quelli delle famiglie e imprese italiane, finisce per trasformarsi in un lento suicidio.

In economia, per “front loading” si intende una politica consistente nel caricare, o concentrare, in un periodo dato sufficientemente corto e ristretto, tutte le azioni strategiche che si possono realizzare per raggiungere uno o più obiettivi di finanza pubblica e più in generale di politica economica. Tempestività dell’operazione, sincronizzazione degli obiettivi, concentrazione delle risorse ex ante e targetizzazione del timing sono le caratteristiche principali di una politica intelligente di “front loading”. Questo è il metodo e queste sono le politiche di cui l’Italia ha oggi bisogno.
Perché conviene fare una politica di “front loading” in Italia?

Innanzitutto, perché è l’entità e la simmetria della crisi economica e finanziaria che lo impongono: entità mai vista, segno meno a due cifre nella crescita del Pil in tutti i paesi colpiti, e simmetria e sincronia della stessa rispetto allo spazio e al tempo. Essendo una crisi, come abbiamo detto, di tipo esogeno, lo ripetiamo simmetrico e sincronico, di tipo supply-side e di profondità mai riscontrata finora, essa richiede ovviamente interventi tempestivi, mirati, simmetrici e sincronici. Fin qui l’analisi. Dal punto di vista del policy-maker, inoltre, il 2020 è stato giustamente affrontato come un anno speciale, sabbatico, nel quale, ad esempio, l’Europa (ma lo stesso potrebbe dirsi per altre realtà geoeconomiche e geopolitiche) ha deciso di sospendere non solo l’applicazione del Patto di Stabilità e Crescita e l’intero set di norme comunitarie che regolano il policy-making dei singoli Stati, ma anche di intervenire con misure straordinarie e non convenzionali (Merkel dixit).

Ancora, perché in questo momento i mercati finanziari sono tenuti a bada dal Quantitative Easing della Banca Centrale Europea, che ha messo in campo una politica di acquisti dei titoli di Stato per un ammontare pari a 1.350 miliardi di euro, fino al giugno 2021 (programma Pepp). Infine, perché tutti gli operatori economici si aspettano queste politiche “straordinarie e non convenzionali” dai governi, per uscire dalla spaventosa congiuntura negativa. Ne deriva che tutti i paesi, chi più e chi meno, in forme diverse e con risorse diverse, stanno prendendo le necessarie decisioni. Dalla Germania al Regno Unito, dagli Stati Uniti al Giappone, le decisioni sono state immediate e concentrate.

Proprio per questo, i governi che non approfittano di questo momento “magico” per effettuare le necessarie politiche di “front loading” stanno buttando via non solo una grande occasione per uscire dalla crisi, ma anche la possibilità di mettere subito in sicurezza i loro conti pubblici, e tracciare un percorso virtuoso di recovery. Quello che sta facendo, purtroppo, il Governo italiano. Fare una politica di “front loading”, da noi, avrebbe dovuto significare predisporre da subito il Piano Nazionale delle Riforme (Pnr) per crescita, produttività, sviluppo e investimenti, efficienza ed equità, cosa che l’Italia non ha fatto, sfruttando la deroga momentanea concessa dall’Europa ad aprile, ma sui cui adesso non ha più nessuna giustificazione.

Avrebbe dovuto significare una anticipazione della Legge di bilancio per il prossimo triennio, con i suoi collegati e relative deleghe di tipo normativo, da approvarsi entro agosto. Avrebbe dovuto indurre il Governo a un unico grande discostamento del deficit pubblico (dell’ammontare di almeno 100 miliardi), tra i mesi di marzo e aprile, quando da più parti era stato richiesto, piuttosto che lo stillicidio di scostamenti multipli, in affanno e sempre non sufficienti, a partire dai ridicoli 3,7 miliardi inizialmente stimati dal governo (poi 25, poi 55, poi non si sa ancora, ma si parla di altri 20, non si sa quando).

Infine, era necessario sin da subito stabilire una politica di “front loading” perché in Europa si stanno già definendo i calendari strategici per il ripristino delle tradizionali politiche economiche e delle relative regole del gioco, che quest’anno sono state sospese per via della crisi, i due temporary framework. Calendari che ci dicono che la Bce smetterà di acquistare i titoli di Stato dei Paesi dell’eurozona a partire dal prossimo giugno, e che quindi il Tesoro italiano perderà il suo principale acquirente nel mercato secondario. Se poi aggiungiamo che, oltre che a smettere di acquistare i titoli, la Bce comincerà anche a venderli, è facile prevedere come i rendimenti dei nostri Btp, in prospettiva, non potranno che salire.

Inevitabilmente, dal 2021 tornerà in vigore il Patto di Stabilità e Crescita con i relativi regolamenti (Two pack, Six pack, Fiscal Compact) per effetto del quale l’Italia sarà di nuovo chiamata a ricondurre il suo deficit e il suo debito pubblico su un sentiero di convergenza e di sostenibilità, ovvero a tagliare la spesa pubblica o ad aumentare ancora la pressione fiscale. Come dicevamo, i temporary framework sugli aiuti di Stato saranno progressivamente ritirati, e il nostro Governo non potrà più adottare misure di aiuto diretto alle imprese in difficoltà.

Per tutti questi motivi, di logica economica, di strategia politica e di aspettative di mercato, se il governo Conte, anziché temporeggiare e perdere tempo in riunioni, conferenze, tour europei, non concentra tutta e subito la sua azione di politica di bilancio, nei mesi di luglio, agosto e settembre, mesi nei quali in Europa si chiuderanno tutti i giochi sui quattro pilastri finanziari messi a disposizione dalla Commissione (Bei, Mes, Sure e Next Generation Ue Fund), si porrà il governo Conte da solo fuori sincrono rispetto agli altri paesi dell’Unione, fuori sincrono con le istituzioni europee, che pretendono giustamente dall’Italia un percorso di riforme strutturali condiviso, e si porrà in una situazione di non credibilità rispetto al giudizio dei mercati finanziari, che stanno perdendo la pazienza con noi. Per questo presidente Conte, basta con i fuori sincrono, basta con il prendere tempo e perdere tempo, perché oltre al disastro, come abbiamo detto, rischi il dramma della solitudine, con l’Italia arrabbiata e disperata.