Politica
Conte e Zingaretti firmano la tregua sul Dl Semplificazioni, ma resta il nodo appalti

Tra Giuseppe Conte e il Pd torna il sereno e ora la strada per il decreto Semplificazioni sembrerebbe in discesa. Nonostante i tentativi del premier di minimizzare o, addirittura, smentire gli attriti con i dem, è solo un colloquio diretto, vis a vis, con il segretario Nicola Zingaretti a sbloccare l’impasse. Di “piena convergenza” parla il capo del governo dopo l’incontro, non mancando di sottolineare di pensarla allo stesso modo del leader dem (“Bisogna correre”) e che quindi il dl va portato in Consiglio dei ministri al più presto. Mood confermato anche dal Nazareno, che definisce “positivo” il “chiarimento dopo le incomprensioni”, assicurando che il Partito democratico “è il primo sostenitore della sburocratizzazione dello Stato e della semplificazione”.
Una svolta dopo giorni di fortissime tensioni, che hanno decisamente rallentato i lavori con lunghi vertici, stralci, veti incrociati e rinvii. Anche se alla fine i nodi da sciogliere finiscono comunque nel preconsiglio dei ministri, conservando la distanza sui punti di disaccordo, sebbene ora appaiano meno insuperabili delle 24 ore precedenti. C’è un ma, in questa vicenda. Perché Italia Viva aveva chiesto di affrontare temi delicati come l’abuso d’ufficio e il danno erariale nella predisposizione delle opere pubbliche, eppure le norme restano nel testo. Il partito di Matteo Renzi, inoltre, chiede che venga inserita nel provvedimento una lista delle opere da fare o da completare e per ogni cantiere un commissario a sovraintendere. “Se si sceglie il ‘modello Genova’ funzionerà, altrimenti sarà solo aria fritta”, avvisa il capogruppo al Senato, Davide Faraone.
Anac, però, definisce “rischioso” il metodo utilizzato per la ricostruzione del Ponte Morandi. Mentre un pezzo di Pd non è disposto a cedere sul Codice degli Appalti: “Dalla sua introduzione c’è stato un balzo record”, ricorda Graziano Delrio. Che ammonisce: “Per semplificare, le leggi si possono migliorare, non sospendere o abrogare”. Ma Conte insiste: “E’ il momento del coraggio, io ho fretta, frettissima. E anche la maggioranza”. Un punto, questo, in comune con Confindustria. Il presidente, Carlo Bonomi, infatti, esorta il governo a “definire al più presto il decreto“, anche se le misure contenute nelle bozze circolate finora “non risolvono tutte le criticità”. Il leader degli industriali riconosce, comunque, che “il problema è immenso”.
Celerità è anche la parola chiave usata dai Comuni. “È indispensabile approvare il provvedimento che introduca semplificazioni vere, di sostanza”, chiede il presidente di Anci, Antonio Decaro. Per il capo politico del M5S, Vito Crimi, la “rivoluzione” di una Pa più digitale sarà “alla base del decreto”, mentre il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, assicura che renderà l’Italia “in grado di migliorare le proprie procedure e utilizzare in modo efficace le risorse”. Pensiero diametralmente opposto a quello del centrodestra, che non scommette un centesimo sulla riuscita del progetto: “La paralisi del governo e della maggioranza è un insulto all’Italia ferita“.
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