Dopo 55 giorni di lockdown, si è passati dall’emergenza sanitaria a quella umana, con il rischio di precipitare, non intervenendo subito e concretamente, in una vera e propria depressione socio-economica. Per evitare ciò, oltre a sostenere l’economia con incentivi diretti, occorre agevolare quei settori che sono moltiplicatori keynesiani della spesa pubblica come, per l’Italia, quello delle costruzioni, sul quale si può incidere anche con soli stimoli indiretti, sbloccando i cantieri. Oltre 600 le opere grandi e medie bloccate, per un valore di oltre 54 miliardi, a cui ne vanno aggiunte almeno altrettante piccole; più dell’80% già ferme prima della pandemia, a causa di una burocrazia che blocca il settore degli appalti, in primis grazie al D.lgs 50/2016. È indispensabile pertanto, per far ripartire il Paese, accelerare e semplificare l’iter autorizzativo, utilizzando il principio anglosassone che concede ampia responsabilità all’imprenditore, per poi punire rapidamente i “furbetti”.

Ne è esempio il completamento del ponte di Genova, favorito da un modello di gestione, previsto dal D.L. 109/2018 (cd Modello Genova), che ha semplificato e sburocratizzato le procedure amministrative. Creando la figura di un commissario manager, è stato possibile superare le criticità dell’attuale regolamentazione degli appalti, settore bloccato da un codice farraginoso, un’enorme quantità di linee guida ANAC e una ridondanza di pareri che, spesso, confondono e paralizzano i funzionari pubblici. Indispensabile, in questa particolare fase, che il Governo si sforzi nell’annullare ogni forma di burocrazia che possa rallentare il supporto alla liquidità altrimenti, qualsiasi sforzo, pur buono ma privo di effetti immediati, potrebbe addirittura diventare fallimentare.

Se l’obiettivo è quindi sbloccare i cantieri e recuperare i miliardi di euro fermi, due le possibilità: riscrivere celermente le regole della burocrazia, sicuramente la migliore ma che richiede tempo e ampio consenso delle forze politiche, o applicare modelli di gestione già collaudati. La scelta non può non cadere sulla seconda opzione: partire da modelli di gestione già collaudati per adeguarli alla situazione attuale. Se guardiamo indietro, uno che ha funzionato bene, come anticipato, è stato il “Modello Genova”, che ha fornito risultati concreti, ricucendo la ferita tra Levante e Ponente in meno di 2 anni. Tempo questo eccezionale, guardando alla realizzazione delle opere infrastrutturali in Italia: dai 3 anni per le opere inferiori a 100mila euro ai 12,2 per quelle superiori a 50milioni, con un ulteriore incremento di un anno per le opere oltre i 100milioni.

Più della metà del tempo viene persa nella fase di progettazione e, in particolare, per l’ottenimento di pareri ministeriali e regionali. Avendo contribuito in maniera decisiva alla stesura del D.L. 109/2018, sono convinto che lo stesso, modificato così da garantire meglio la libera concorrenza tra imprese e la celerità delle fasi autorizzative pre-gara, oggi possa essere la soluzione per far ripartire il settore. La sua estensione a tutte le opere bloccate, sarebbe agevolata anche dal fatto che la stessa Commissione Europea, per le attività conseguenti l’emergenza Covid-19, con la comunicazione 2020/C 108 I/01 (GU 1/04/2020), dà la possibilità agli Stati di andare in deroga alla norma quadro dell’UE in materia di appalti pubblici, suggerendo l’utilizzo, in caso di estrema urgenza, di procedure negoziate, senza previa pubblicazione di bando. Procedura, tra l’altro, ammessa anche dal D.lgs 50/2016 art. 63, nella misura strettamente necessaria quando, sempre per ragioni di estrema urgenza, non si possono rispettare i termini prescritti dalle altre procedure.

Considerato che ci si trova in una situazione di emergenza, l’uso di metodologie in deroga sarebbe quindi ampiamente plausibile e il D.L. 109/2018, da questo punto di vista, sarebbe un buon modello di riferimento. Come? Intervenendo nella fase di progettazione, attraverso una migliore regolamentazione, e demandando, alla sola fase di progettazione preliminare e definitiva, l’acquisizione dei pareri ministeriali e regionali, attraverso conferenze di servizio a cui far partecipare gli enti interessati, eliminando i passaggi multipli e indicando anche tempi certi per l’ottenimento dei pareri. Ed ancora, rivalutando l’attività di verifica e cantierabilità, affidando al Collaudatore e al Direttore dei Lavori, estranei alla progettazione, tale ruolo per tutte le opere sotto soglia comunitaria.

E dando più poteri ai Provveditorati Interregionali alle Opere Pubbliche, che potranno essere abilitati ad esprimere pareri per i progetti superiori ai 25 milioni di euro, nell’ambito delle opere di competenza commissariale.
A questo punto, come nel caso del Modello Genova, la nomina del Commissario con poteri speciali per la gestione dell’iter burocratico e la velocizzazione della fase di appalto, con poteri anche di deroga, senza naturalmente ledere la libera concorrenza e che opererebbe in raccordo con i Provveditorati Interregionali delle Opere Pubbliche, ove potrà essere costituita un’autonoma Struttura Commissariale di Missione, potrebbe sicuramente creare quel sistema di velocizzazione e sblocco dei cantieri fermi da anni. Proprio per questi motivi, nei giorni scorsi, ho presentato una proposta di legge che, partendo dal D.L. 109/2018, ha come finalità quella di semplificare e velocizzare le procedure burocratiche delle opere già finanziate ma bloccate da anni.