Lo scontro
Nord contro Sud, la secessione dei ricchi sarebbe più odiosa di quella degli immuni
Sarebbe veramente il colmo se, dopo aver denunciato la secessione dei ricchi, il Mezzogiorno mettesse in campo la secessione degli immuni. Sarebbe come se, dopo aver criticato Veneto e Lombardia per il regionalismo differenziato, tra l’altro costituzionalmente protetto, il Sud proponesse, tra le vie di uscita dalla crisi, la differenziazione da coronavirus. E dopo aver messo in croce i leghisti del Nord, perché indifferenti a ogni forma di solidarietà nazionale, lanciasse, nel momento di maggior bisogno, un sonoro e vigliacco “si salvi chi può”. Per giunta accompagnato da discutibili rimandi morali e da catastrofiche profezie legate allo shopping e agli aperitivi sui navigli.
Eppure, è esattamente quello che sta succedendo. O, se non proprio quello che sta succedendo, ciò che gli altri, e tra questi i Fontana e gli Zaia, stanno capendo. A titolo di esempio, provo a mettere in fila tre prese di posizione venute dal Sud in questi ultimi giorni . Vincenzo De Luca, in piena emergenza: “Se il Nord apre, noi chiudiamo le frontiere della Campania”. Roberto Saviano, mentre ancora si contano i morti: “La Lombardia ha collassato perché ha distrutto il suo tessuto sociale, e questo non lo ha fatto il virus, è successo prima”.
Il costituzionalista Massimo Villone, certo di aver già trovato il colpevole del sistema lombardo appena messo sotto processo da Saviano: “Fontana ha già messo a terra 12mila bare…”. Proprio così: ha messo a terra, come fa un becchino. Più dei concetti, forse traditi da parole inappropriate sfuggite al controllo, a colpire sono i toni e i tempi delle dichiarazioni. Saviano scrive addirittura che il Caso – scritto con la maiuscola, inteso come destino – “è stato ed è parte della vita dei meridionali” i quali, pagando di persona, “non sono mai riusciti a farlo sparire dalle proprie vite”. Vuol dire che come a noi sono capitati i terremoti e il colera, ora è giusto – nel senso di proporzionato – che il virus colpisca i settentrionali? Non oso crederlo. Anzi, voglio sperare di aver capito male. Ma mi colpisce il commento di Vittorio Feltri, ieri su Libero, proprio a proposito delle polemiche in corso.
“I meridionali – ha scritto mandandoci tutti violentemente a quel paese – interpretano questa congiuntura come un giudizio universale, pensano che la giustizia divina ha regolato conti in sospeso da anni”. Il fato di Saviano, appunto. Mi preoccupa, poi, che a differenza di Fontana (“Caro De Luca, noi non abbiamo chiuso le frontiere ai 14mila campani che ogni anno vengono a curarsi in Lombardia”) il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, un altro leghista, usi argomenti molto più minacciosi. “Ogni anno – dice – versiamo più di quanto riceviamo in servizi, e quest’anno è nostra intenzione trattenere i mille e duecento milioni che solitamente versiamo a Roma”. E se anche la Lombardia e il Veneto si mettessero su questa stessa strada?
Se proprio ora che i centri studi delle grandi banche ci avvertono di un possibile calo del 35% della domanda turistica al Sud, i veneti e i lombardi insistessero nel ricordarci che sono loro a pagare buona parte delle tasse italiane? Certo, anche quelle di Fedriga sono solo parole. Ma se al Sud risuonano come odiose e provocatorie, bisognerebbe almeno chiedersi come mai ci meravigliamo dell’effetto che provocano al Nord quelle pronunciate dai nostri rappresentanti istituzionali e dai nostri intellettuali. È comunque un buon segno che De Luca e Fontana ieri abbiano deciso di confrontarsi in tv, arbitro Bruno Vespa.
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