Il modello Genova, che ha consentito di ricostruire in dieci mesi il ponte crollato, opera da 200 milioni di euro che con le normali procedure, tra bandi, ricorsi e tutta la burocrazia prevista dal Codice degli appalti si sarebbe potuta realizzare in 10 o 15 anni, rappresenta un’eccezione nel panorama burocratico italiano. Perché diventi la regola occorrerebbe stravolgere il piano delle norme esistenti e ispirarsi a due concetti fondamentali: semplificare e velocizzare. Ma davvero si può? Il Riformista ne ha riflettuto con autorevoli esperti della politica, dell’economia e del mondo delle imprese. Sono venute fuori alcune proposte, come quella di stornare enti intermedi a favore di un sistema basato sul meccanismo dell’autocertificazione e sugli organismi di vigilanza delle imprese.

“Gli organismi di vigilanza sono composti da membri di altissimo rilievo istituzionale e professionale, conoscono vizi e virtù delle aziende e possono in maniera autonoma e imparziale certificare la possibilità dell’azienda di partecipare alle procedure per appalti pubblici”, afferma l’imprenditore Paolo Scudieri che lancia questa proposta. “In Italia ci sono abnormi sovrastrutture organizzative, vincoli e cavilli che creano uno stallo per moltissime opere pubbliche – spiega Scudieri che è presidente di Srm (Studi e Ricerche sul Mezzogiorno) – e rallentano il processo rendendo più farraginose e meno fluide le procedure per la realizzazione dei progetti e delle opere”.

L’obiettivo centrale “è distribuire ricchezza e favorire opere e infrastrutture per migliorare la competitività del Paese e rilanciarlo in questo particolare momento storico”. Quindi più potere agli organismi di vigilanza e più ricorso alle autocertificazioni per gli appalti è la proposta per incidere su tempi e modalità con cui snellire il sistema delle grandi opere. Semplificare non sembra impossibile: una proposta è affiancare al Codice degli appalti una serie di norme semplificate a cui poter ricorrere in alternativa, come libera opzione, e per cominciare, per un tempo di due o tre anni, quello che potrebbe servire per il rilancio del Paese dopo la crisi provocata dal Covid e contemporaneamente per testare questa pratica. “Sono convinto – afferma Bruno Discepolo, assessore regionale a Urbanistica e Governo del territorio, lanciando la proposta – che dopo i due o tre anni che si è fatto ricorso a procedure semplificate nessuno avrà più voglia di tornare al Codice degli appalti”.

“Nel modello Genova non c’è una sola legge che è stata rispettata – aggiunge Discepolo – Il tema vero è capire che Genova insegna qualcosa: se vogliamo semplificare e velocizzare, dovremo, se non formalmente, almeno sostanzialmente, disapplicare quelle che sono attualmente le regole del Codice degli appalti in Italia”. È opinione diffusa che il Codice degli appalti, nato con l’obiettivo di garantire regolarità e trasparenza, abbia appesantito la macchina burocratica fino quasi alla paralisi. “Le procedure non dovrebbero nascere con la cultura del sospetto ed essere imbrigliate in meccanismi per cui per realizzare un’opera che superi i 100 milioni di euro ci vogliono tra i dieci e i quindici anni”, aggiunge Discepolo. I tempi sono un fattore decisivo su cui intervenire e si guarda anche a formule per ridurre al minimo i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato.

“Genova – afferma l’economista Mariano D’Antonio – è un modello da tenere in conto per essere replicato opportunamente, soprattutto laddove il sistema pubblico, e in particolare le opere di edilizia giacciono inerti e sono fonte di degrado piuttosto che di crescita”. “Sarebbe un modello adatto alle aree del Mezzogiorno e in particolare alle grandi città meridionali, a partire da Napoli”, sostiene D’Antonio e fa un richiamo alla politica. “Occorrerebbe avere una grande presa di coscienza e una leadership locale saggia, non conflittuale come lo è attualmente, e capace – conclude l’economista – di mettere da parte risentimenti e ambizioni personali per badare più all’interesse pubblico che alla raccolta di consensi per una ricandidatura o una nuova collocazione politico istituzionale”.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).