Ecco perché il Governo rischia davvero sulla legge Calderoli
Autonomi(n)a in stallo e senza soldi: la vera bomba sul tavolo della maggioranza
Quindici miliardi sono andati in fumo per i tassi, il fabbisogno dello Stato è aumentato di 45 miliardi. Chi glielo spiega ora a Zaia e Calderoli che non si può realizzare l’autonomia differenziata?

“Se la riforma dell’Autonomia regionale differenziata non arriva nella tempistica del 2024, allora vuol dir che abbiamo fallito. Ma non la Lega, ha fallito il governo”. Erano i primi di agosto quando il governatore del Veneto Luca Zaia sibilò queste poche e dirette parole in un’intervista a tutta pagina ad un importante quotidiano nazionale. Da allora il ministro Calderoli, che della legge è il “papà”, ripete che non ci sono problemi, che la legge si farà e anzi, “entro i primi mesi del ’24 muoverà i primi passi”. Lo hanno fatto anche domenica a Pontida. “Il leone è sempre più arrabbiato” ha ruggito Zaia mentre la sua giunta spiegava una bandiera grande come palco.
Bene, è passata l’estate, i lavori parlamentari sono ripresi, compresi quelli della Commissione Affari costituzionali che al Senato ha incardinato il testo ormai da marzo scorso. Ma la legge sull’Autonomia è in stallo. E visto che martedì la Capitale ha ospitato a pochi metri di distanza la celebrazione dei 75 anni della Carta Costituzionale e un forum sulle riforme – Costituzionale cioè il premierato, Autonomie e separazione delle carriere – con un ampio confronto politico e tecnico, possiamo dire che il cantiere Autonomie è in stallo e destinato a tempi lunghi, ben più del 2024.
E che a ben guardare il calendario – la campagna elettorale per le Europee del giugno prossimo, la sessione di bilancio che inizierà tecnicamente il 27 settembre con la presentazione della Nadef – il vero problema del governo non sarà né l’immigrazione né la legge di bilancio perchè su questi due dossier la maggioranza troverà il modo di restare unita, sfilacciata ma unita. Il vero nodo senza soluzione è proprio la legge sulle Autonomie, irrinunciabile per la Lega e i suoi elettori, molto meno per Salvini (e anche questo è un problema), impossibile per Fratelli d’Italia e Forza Italia, partiti che hanno un forte radicamento a sud.
Il problema è che la legge ha un costo altissimo e per questo è messa in naftalina prima ancora di vedere la luce. Congelata da un acronimo spietato: i Lep, livelli essenziali di prestazioni. Ovverosia, prima di fare l’autonomia differenziata delle regioni, lo Stato deve garantire livelli minimi ed essenziali uguali per tutte le regioni, e quindi i cittadini, dello Stato. Sanità e scuola, ad esempio. E qui già sballano i conti che, come ci ricorda Giancarlo Giorgetti, un altro ministro leghista e protagonista a Pontida domenica scorsa, sono drammaticamente in rosso per affrontare la legge di bilancio. Quindici miliardi se li sono mangiati i tassi. Il fabbisogno dello Stato è aumentato di 45 miliardi per colpa dei minori incassi e dei maggiori pagamenti. Insomma, non c’è un euro per attuare l’Autonomia differenziata. Chi glielo spiega a Zaia o a Calderoli?
La ministra per le Riforme e la Semplificazione Elisabetta Casellati si è sforzata martedì di tenere sullo stesso piano, anche temporale, la riforma costituzionale del premierato (che ancora deve essere portata in Consiglio dei ministri) e quella sulle Autonomie che invece ha iniziato in primavera il suo iter parlamentare. “Rifiuto ogni logica di scambio, non è che si fa una cosa se arriva anche l’altra o viceversa” ha detto. Aggiungendo subito dopo: “Quando si parla di autonomia differenziata dobbiamo prima di tutto garantire la migliore allocazione delle risorse in un quadro di unità nazionale che non vada ad accentuare le differenziazioni territoriali, attentando alla coesione sociale”.
E quindi: “Prima si stabiliscono i livelli essenziali di prestazione. Poi, se le regioni vogliono, possono fare un accordo con lo Stato”. Che è un modo garbato per dire che l’Autonomia non ha le coperture per essere approvata senza andare a spaccare l’unità nazionale.
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