Emiliano Reali, giornalista e autore, nel suo ultimo libro, Bambi (Avagliano, pp.244, euro 17) ha deciso di raccontare in un modo lineare e il più possibile oggettivo una storia di trasformazione, di identità, di relazioni sociali e familiari che, mettendo insieme finzione pura e uno sguardo (e una lingua) sovente giornalistici, vuole presentare ai lettori italiani, senza edulcorare ma anche senza insistenze compiaciute, come sia accaduto che un ragazzo di nome Giacomo sia divenuto una bellissima donna di nome Bambi.

Giacomo ha la fidanzata di buona famiglia, Luana, entrambi vengono da Bassano del Grappa, lui da una famiglia semplice, lei dalla ricca borghesia cittadina. Si trasferiscono a Roma, e vivono – per diventare, da fidanzati, amici e complici – l’esperienza della grande metropoli che per Giacomo ben presto costituisce l’occasione di costruire una identità diversa, femminile, desiderante e che ambisce, all’inizio in via esclusiva, a suscitare il desiderio maschile per il gusto di sondarne l’effetto. Indossa abiti femminili succinti e va a rimorchiare per danaro. Per Bambi è uno scherzo, una provocazione, una prova, una realizzazione di sé. Reali in queste prime pagine (le più riuscite, probabilmente, del romanzo) racconta la situazione di “possessione” vissuta da Giacomo: in Giacomo esiste anche Bambi e in Bambi ritorna Giacomo: “Bambi è stanca di rimanere in un angolo. È stata chiusa per un intero anno – da tanto dura la convivenza di Giacomo con Marco – in una stanza buia che ora le va insopportabilmente stretta. E picchia sulla porta, Bambi. La prende a calci con le sue décolleté di vernice”. Fino a che a Bambi tocca in sorte un incontro molto violento con due maschi vigliaccamente predatori. Sarà da questo momento che la condizione solo segreta, quasi tutta vissuta tra sé e sé, diventa oggetto di una dolorosa conoscenza da parte del mondo: Luana, prima, che va a soccorrere Bambi, e Marco, poi, il fidanzato di Giacomo che del divertimento del giovedì, imbastito da Bambi pericolosamente, non sa nulla.

Il romanzo si articola in tre parti, seguendo appunto la trasformazione di Bambi da bruco a crisalide a, infine, farfalla. Mentre il bruco è ancora oggetto di contraddizione e produce repellenza nel mondo, la crisalide prende forza. Bambi acquista un altro nome, sempre femminile. Sembra scomparire dal racconto, ma capiremo, nella terza parte, che non è così. Intervengono molti altri personaggi, taluni riusciti, altri meno (Francesco/Desideria, Lucy, Lamù, Marco, Jason ecc). E sebbene gli intrecci tra le varie storie diventino a volte eccessivi e non sempre perfettamente integrati tra loro, Reali è abile nel disegnare un crescendo di elaborazione della identità che non riguarda solo Bambi, ma anche coloro che la circondano, dai coprotagonisti ai personaggi secondari. In questa ricerca di una dimensione esistenziale di felicità, nonostante tutto, di battaglia alla fine vinta per portare a compimento la trasformazione desiderata da sempre, fino all’intervento chirurgico, Bambi coinvolge il lettore e lo invita a praticare il coraggio delle trasformazioni. Ognuno ha le sue, in attesa. E quel che forse resta del libro, più efficace quando non cede alla sirena giornalistico-didascalica, è proprio questo: che le trasformazioni dolorose da bruco a crisalide a farfalla non realizzano soltanto l’identità del singolo, ma producono un effetto benefico diffusivo. Un inclusivo contagio di verità.