Papa Francesco “normalmente fa il contrario di quello che gli dico”. Così il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito del dicastero per la Dottrina della fede, in un’intervista rilasciata a Repubblica racconta il suo rapporto con Francesco tra controversie sulla dottrina e punti di contatto. Il 31 marzo uscirà il suo libro dal titolo “Il Papa. Ministero e Missione” (Cantagalli) e nella lunga intervista ne anticipa i punti salienti. Tra questi la controversa teoria secondo cui “benedire le coppie omosessuali è una blasfemia” e ne ha parlato evocando la “confusione” dottrinale che attribuisce a Francesco.

“Per principio mai criticherei un Papa pubblicamente – ha spiegato Muller – Francesco non ha cambiato e non può cambiare la dottrina rivelata, ma il compito del Sommo Pontefice non è solo evitare di causare confusioni, ma anche smentirle. Eugenio Scalfari ha per esempio riferito che gli avrebbe detto che l’inferno non esiste, il Papa potrebbe invece spiegare il senso di questa difficile dottrina. Nella Chiesa tedesca ci sono proposte direttamente contro la fede cattolica: benedire le coppie omosessuali è una blasfemia. Padre James Martin dice che il Papa ha fatto tanto per le persone lgbt, il Papa dovrebbe dirgli: non mi devi strumentalizzare”.

I vescovi tedeschi puntano sul percorso sinodale in risposta alla crisi degli abusi sessuali per restituire credibilità alla Chiesa. Su questo Muller è intransigente: “Non possiamo distruggere la dottrina della morale sessuale perché alcuni hanno sbagliato, dobbiamo spiegarla. Non possiamo superare la pedofilia con l’omofilia, poiché anche i peccati contro gli adulti sono peccati”. E spiega: “Ci sono vescovi che hanno votato testi eretici, secondo me si deve fare un processo canonico. C’è la collegialità ma esiste anche il primato e canonicamente il Papa ha la responsabilità di chiedere spiegazione, correggere o in casi estremi dimettere i vescovi per questioni dottrinali. Dicono che possono sviluppare la comprensione della dottrina, ma non possiamo sviluppare la rivelazione”.

Sulla rinuncia di Benedetto XVI non dice chiaramente che secondo lui ha sbagliato ma ammette: “Io non giudico un Papa. Non me ne ha parlato: se me ne avesse parlato gli avrei detto di no”. E non gradirebbe l’idea che anche Papa Francesco potesse prendere la stessa decisione: “Ha avuto una ‘conversione’: all’inizio ha detto che Benedetto XVI aveva aperto una porta, ultimamente ha detto che il ministero petrino è “ad vitam”. Io sono d’accordo. Gliel’ho detto tante volte: normalmente lui fa il contrario di quello che gli dico! Ma non è stato – come il Papa sa benissimo – un mio trucco!”. Per il cardinale il Papa non dovrebbe mollare il trono pontificio nemmeno se fosse allettato e on potesse più viaggiare: “Nel passato i pellegrini venivano a pregare sulla tomba di Pietro, nel Medio Evo non hanno mai visto il Papa. Sufficiente è la sua testimonianza per il Cristo crocifisso e risorto”.

E punta il dito contro un certo contemporaneo “culto della personalità”: “E’ chiaro che nell’epoca dei mass media non possiamo tornare indietro nel tempo, ma bisognerebbe riflettere: vedendo tutti i giorni il Papa in televisione c’è l’impressione falsa e pericolosa che la Chiesa cattolica consista nel Papa ma non in Cristo, il figlio di Dio. Il culto della personalità, come avviene nei paesi autoritari, non è il nostro modello”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.