Mamma mia, è saltata una macchina“. Sono le parole di un automobilista che riprende live l’ultima scena da guerra. Un scena che negli ultimi 14 mesi è diventata una triste abitudine a Ponticelli, periferia est di Napoli, dove la faida tra clan prosegue nonostante gli arresti. Troppo forte la voglia di vendetta, di punire con la stessa moneta omicidi eccellenti avvenuti anche anni fa. Troppo forte l’assenza delle istituzioni, in territorio dove le case popolari continuano ad essere gestite dai gruppi criminali, attività ricreative scarseggiano e i pochi circoli, come quello in cui venne ucciso l’innocente Ciro Colonna, sono gestiti stesso dalla camorra.

Troppo debole l’attività di contrasto delle forze dell’ordine, quasi sempre a inseguire perché sotto organico. Circostanze che alimentano l’omertà dei residenti, abbandonati a un destino segnato in alcune periferie della città. Troppa infatti la paura di denunciare per poi ritrovarsi soli dopo qualche pacca sulla spalla e qualche passerella solidale dei professionisti dell’anticamorra.

Proseguono le bombe, lanciate contro le abitazioni dei rivali, piazzate sotto le auto, gettate dai cavalcavia. Proseguono le stese, anche in pieno giorno e in strade affollate dove la probabilità di ammazzare innocenti non è minimamente calcolata da pistoleri sempre più pazzi, drogati e imprecisi (il pomeriggio del 2 luglio scorso in viale Margherita due scooter con quattro persone a bordo hanno sparato per ben sessanta metri colpendo diverse auto e scatenando il panico).

Imprecisi tanto da essere presi in giro su TikTok, vero e proprio social-megafono della malavita. “Avete fatto mettere il giubbotto antiproiettile anche ai piccioni…” si leggeva sull’account “una sola bandiera bodo”, riconducibile al clan De Micco, che prendeva in giro i quattro rampolli dei De Luca Bossa (tra cui un minore), guidati da Emmanuel (figlio di Tonino ‘o sicco De Luca Bossa, all’ergastolo da decenni), fermati nei giorni scorsi dalla DDA di Napoli.

Nella notte tra il 3 e 4 luglio la risposta dei De Micco con un agguato avvenuto in via Cleopatra, nel Lotto Zero, fortino dei De Luca Bossa. Nei pressi del centro scommesse Eurobet sono stati esplosi almeno 18 colpi d’arma da fuoco, uno dei quali ha ferito Francesco Sorrentino, 28 anni, alla regione scapolare sinistra. Il giovane ha raccontato che, mentre era con amici, alcuni uomini erano scesi da un Suv e avevano cominciato a sparare all’impazzata verso il gruppo.

LA SCIA DI SANGUE: SEI OMICIDI IN 16 MESI – Proseguono gli omicidi, ben sei da marzo 2021 ad oggi, tra cui anche quello dell’innocente Antimo Imperatore, colpevole di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Dopo mesi di stese e agguati falliti, la scia di morti ammazzati parte il 15 marzo 2021 Giulio Fiorentino, 29enne legato ai De Micco-De Martino, ucciso il 15 marzo 2021 nel rione Fiat (nell’agguato è stato ferito un altro giovane affiliato del clan, Vincenzo Di Costanzo). Il 12 agosto è toccato a Salvatore De Martino, 46 anni detto capa ‘e guerra, ritenuto elemento apicale dei De Luca Bossa-Minichini. L’esecuzione di quest’ultimo, avvenuta all’interno dei palazzoni popolari di via De Meis con un colpo in pieno volto, lascia ipotizzare agli investigatori che possa essersi trattato di una epurazione interna a clan per questioni di droga.

Il 17 settembre 2021 c’è stato poi il tentato omicidio a Volla di Giuseppe Damiano, 30enne affiliato ai De Luca Bossa e anche lui fermato nei giorni scorsi per la stesa in viale Margherita.

L’OMICIDIO CARMINE D’ONOFRIO, FIGLIO DEL BOSS – Nella notte tra il 5 e il 6 ottobre 2021 a morire, ammazzato davanti agli occhi della compagna, incinta all’ottavo mese, è stato Carmine D’Onofrio, 23enne incensurato ma che da mesi aveva scoperto il fascino della malavita dopo essere entrato in contatto con i zii e nipoti del papà, quel Giuseppe De Luca Bossa (44enne in carcere per estorsione dal oltre un anno) che aveva provato a tenerlo lontano da quell’ambiente. Carmine, considerato dagli investigatori factotum del cugino Emmanuel De Luca Bossa (arrestato pochi giorni fa), avrebbe pagato con la vita l’affronto contro il capo clan rivale, Marco De Micco. Fu il 23enne, così come cristallizzato dalle indagini della polizia, a lanciare una settimana prima (28 settembre) una bomba nel cortile dell’abitazione del boss. Le schegge dell’esplosione ferirono, per fortuna in modo non grave, una donna e suo figlio che non c’entravano nulla. Un gesto che Marco De Micco, poi arrestato, decise di vendicare subito. Fece sequestrare e picchiare Giovanni Mignano, l’affiliato al clan De Luca Bossa-Minichini-Casella, affinché rivelasse il nome dell’autore dell’attentato: E’ stato lui a far esplodere la bomba”.
Così in pochi giorni pianificarono l’omicidio di D’Onofrio avvenuto in via Luigi Crisconio, nei pressi della sua abitazione dopo aver parcheggiato la sua Fiat Panda. Nonostante la presenza della compagna, il 23enne venne ricoperto da una pioggia di piombo: ben sette colpi d’arma da fuoco (calibro 45 mm), tutti andati a segno.

L’OMICIDIO DI GENNARO MATTEO – Quarto omicidio quello di Gennaro Matteo, 35enne di Cercola, avvenuto la sera del 10 dicembre 2021 in viale Luca Pacioli, nella zona compresa tra l’uscita della Strada Statale 162 Dir e l’Ospedale del Mare, non molto distante dal Lotto 0.

L’AGGUATO NEL BASSO – Gli ultimi due morti sono arrivati dopo sette mesi di calma apparente dopo una serie di arresti nei due clan protagonisti della faida. E’ il 20 luglio 2020, sono da poco passate le 9 del mattino quando Antonio Pipolo, 27enne affiliato ai De Micco, si presenta all’esterno del ‘basso‘ dove da poche settimane si era trasferito Carlo Esposito, 29 anni, con la compagna (sorella di Ciro Uccella, 23enne in carcere da un anno per estorsione con i De Martino). Bussa alla porta, apre Antimo Imperatore, operaio 55enne detto Robin Hood, che viene freddato insieme ad Esposito “Kallon”. Il killer poco dopo si costituisce alla polizia, mostra la propria disponibilità a collaborare con la giustizia e viene portato in Procura mentre i familiari allontanati da Napoli. Agli investigatori racconta di aver ucciso Esposito per motivi economici su ordine del clan De Micco e di aver ucciso per errore Imperatore (saranno poi le indagini a cristallizzare meglio la dinamica dell’agguato). Una mossa quella di Pipolo, descritto come un tossicodipendente dagli abitanti del rione Fiat dove è avvenuto il duplice omicidio e dove vivono famiglie contigue e fiancheggiatrici dei De Martino-XX, tutta da ricostruire ma che ha già dato il là a ricostruzioni sulla presunta scissione interna tra le due famiglie. Perché si è costituito dopo aver eseguito un ordine dei De Micco?

LE ULTIME DUE BOMBE E IL VIDEO LIVE A pochi giorni dal duplice omicidio, nella notte compresa tra venerdì 22 e sabato 23 luglio, due bombe sono esplose a poche ore di distanza. La prima in via Virginia Woolf, tra Ponticelli e Cercola, in una zona considerata sotto l’influenza del clan De Luca Bossa-Casella. L’ordigno, piazzato probabilmente sotto la Jeep Renegade di una donna incensurata, ha danneggiato anche diverse auto parcheggiate a poca distanza. Un miracolo che l’esplosione, così come documentato in un video pubblicato sui canali social dal consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli, non abbia coinvolto persone e auto che in quel momento stavano transitando. Il secondo episodio è avvenuto, appena due ore dopo, in via Luca Pacioli, nei pressi delle cosiddette “case di Topolino”, zona di spaccio. Pare che la bomba sia stato lanciato da una vettura in transito sul cavalcavia. Anche in questo caso ci sono delle auto danneggiate.

LE SCARCERAZIONI ECCELLENTI – Tra arresti, la recente collaborazione con la giustizia di Pipolo e quella dei mesi scorsi del 36enne Rosario Rolletta detto “friariello” (entrambi affiliati ai De Micco), vanno segnalate anche due scarcerazioni eccellenti.

La prima riguarda Christian Marfella, 28 anni, fratellastro di Antonio De Luca Bossa perché figlio di Teresa De Luca Bossa e Giuseppe Marfella, ex boss di Pianura in carcere da decenni. Marfella jr è stato recentemente scarcerato dopo circa otto anni di carcere per estorsione aggravata dalla finalità mafiosa ed è agli arresti domiciliari.

Christian Marfella e Antonio Minichini, ucciso a 19 anni

Il suo ritorno nel Lotto Zero, soprattutto dopo l’omicidio di Carmine D’Onofrio, è monitorato dagli investigatori. Anche perché la faida con i De Micco è iniziata nel 2013 con il duplice omicidio di Antonio Minichini e Gennaro Castaldi che ha visto lo scorso ottobre la Corte d’assise d’appello di Napoli assolvere Salvatore De Micco (fratello di Marco e Luigi, i tre boss dei “Bodo”) e Gennaro Volpicelli dopo che in primo grado erano stati entrambi condannati alla pena dell’ergastolo per l’agguato mortale.

Antonio Minichini è figlio di Anna De Luca Bossa, 46 anni, (sorella di Tonino e Giuseppe) e Ciro Minichini. Sarebbe stato ucciso per errore a 19 anni il 29 gennaio 2013 mentre si trovava, all’interno del rione Conocal, con Gennaro Castaldi, 21 anni, affiliato al clan D’Amico (i Fraulella di Ponticelli) e reale obiettivo dei sicari.

In alto da sinistra: Anna De Luca Bossa e i tre fratelli (Salvatore, Luigi e Marco) De Micco. Al centro la vittima Carmine D’Onofrio. Al centro e in basso a sinistra Annunziata D’Amico e un tatuaggio di Michele Minichini in ricordo del fratellastro Antonio ucciso per errore

La seconda scarcerazione riguarda invece Francesco De Martino (in alto a destra nella foto di copertina), padre di Giuseppe, Antonio  e Salvatore, gli XX di Ponticelli, quest’ultimo attualmente libero vive in una scuola occupata. I primi due sono in carcere da tempo con Antonio De Martino ritenuto responsabile degli omicidi di Salvatore Solla e Annunziata D’Amico, la Passilona del Rione Conocal (sorella dei boss Giuseppe e Antonio D’Amico, detenuti da tempo), uccisa il 10 ottobre 2015.

In alto a sinistra Giuseppe De Martino, al centro Francesco De Martino, a destra Antonio De Martino

 

 

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.