A scuotere anima, cuore e viscere degli spettatori della Mostra del Cinema di Venezia, nel terzo giorno della 79esima edizione, ci pensa il regista italiano più internazionale del cinema di casa nostra: Luca Guadagnino con Bones and All. Primo film americano per il regista di Chiamami col tuo nome, ambientato totalmente nel Midwest degli anni 80 e guidato da due giovani attori, Taylor Russell e Timothée Chalamet. Basato sul romanzo omonimo Bones & All (“Fino all’osso”) di Camille De Angeli, il film come forse il titolo suggerisce, ha suscitato già molta attenzione, poiché tratta il tema del cannibalismo, una caratteristica, una condizione, un bisogno che accomuna i due giovani protagonisti del film e li porta a un viaggio alla ricerca di se stessi e di una casa, al tempo stesso metaforica e fisica.

«È da quando ero ragazzino che sognavo di fare cinema sul paesaggio americano e sul suo immaginario da cui sono stato profondamente influenzato e formato – dichiara Guadagnino. Credo che forse in maniera inconsapevole ho cercato sempre di rinviare il momento, forse perché la vastità e la complessità degli Stati Uniti d’America meritavano la prospettiva di una persona un po’ più matura. L’occasione si è manifestata in maniera imprevista e familiare con questo copione. Raccontare la storia di questi drifters e di queste identità in cerca di una forma di possibilità dall’impossibile, è un qualcosa che mi attraeva profondamente e diciamo che tutto questo si è compiuto». Oltrepassa i confini e i limiti del genere Luca Guadagnino. Che guarda a queste due solitudini senza l’allure e la fascinazione per creature diverse da noi, che spesso accompagna i “mostri” della tradizione cinematografica, in primis zombie, vampiri, licantropi. Questi ragazzi cercano il modo di fuggire da se stessi, di accettarsi oppure di imporre la propria volontà sul loro desiderio incontrollabile di carne umana.

“Bones and All” è una storia d’amore tra due emarginati a cui quel sentimento è stato costantemente negato e a cui è stato detto di non potervi accedere. «Il mondo dell’amore non ha posto per i mostri», viene detto alla diciottenne Maren (Taylor Russell) dall’unica persona che per sangue e scelta, dovrebbe amarla sopra ogni cosa. L’incontro fisico ed emotivo tra i due ragazzi e le confessioni, quasi poetiche, delle loro pulsioni e azioni cannibali rende il film la prova che ci si può specchiare in qualcun altro e trovare la propria controparte, anche da reietti della società. È la storia di due giovani che scoprono che, per loro, non esiste un posto da poter chiamare casa, per cui devono reinventarselo. Maren e Lee vanno alla ricerca della loro identità in situazioni estreme, ma le domande che si pongono sono universali: «Chi sono, cosa voglio? Come posso sfuggire a questo senso di ineluttabilità che mi trascino dietro? Come posso entrare in sintonia con qualcun altro?», rimarca Guadagnino nelle note di regia.

“Bones and All” viaggia con i due ragazzi, ne testimonia le azioni, la tenerezza, le debolezze, le mancanze ma non giudica mai. Ed è proprio sul tema del giudizio degli altri che Timothée Chalamet, musa di Guadagnino e idolatrato dalle folle a Venezia, si concentra, parlando dei giovani d’oggi: «Quando si è giovani, si è spesso costantemente giudicati. Non riesco ad immaginare come debba essere difficile essere adolescenti oggi, sotto la scure dei social media. È stato un sollievo interpretare personaggi che lottano con i propri dilemmi interni senza la possibilità di andare su Reddit, Twitter, Instagram o Tiktok per cercare di capire chi sono. Non voglio giudicare chi trova la propria strada anche attraverso i social ovviamente, se qualcuno trova una comunità online in cui integrarsi, ben venga. Penso solo che sia difficile vivere oggi e che il collasso della società sia vicino. Ed è per questo che mi auguro che questo film possa contare qualcosa», conclude.

A chi gli chiede quanto sia importante raccontare questa storia in un mondo che non accetta la diversità, Guadagnino intanto replica: «Non credo che la società non accetti chi è diverso diciamo come condizione generale, penso che c’è sempre in ognuno di noi la paura di trovare l’altro nella sua alterità. Il viaggio che conduciamo con queste due meraviglie ci porta attraverso la possibilità di vedere in che modo nelle circostanze estreme in cui loro si trovano, possono ritrovarsi nello sguardo l’uno dell’altra».

Mentre i ragazzi fuori dal Palazzo del Cinema non smettono di urlare il suo nome, Timothée Chalamet racconta la solitudine degli ultimi anni che abbiamo tutti vissuto e dall’alto della sua esperienza in Bones and All anche come produttore, confessa che tipo di riflessione è sopraggiunta con la pellicola: «Abbiamo girato il film durante la pandemia e questo ci ha aiutato a capire ancora di più che cosa si prova ad isolarsi profondamente, senza una vera identità. Tutti noi in quel periodo abbiamo provato un isolamento sociale profondo, mentre è indispensabile il contatto con il prossimo per capire chi siamo. Nel film queste due persone attraverso lo specchio dell’amore trovano la possibilità di evolvere, di crescere. È stata un’esperienza formativa, che ci ha aiutato a capire».

Anche Bones and All promette di dividere gli spettatori e indurre un sano dibattito. Chi si aspetta un horror o un fantasy rimarrà deluso. Guadagnino, senza cinismo o ironia parla ancora d’amore tra- per citare le parole della protagonista Taylor Russell – “due amanti sventurati, due anime gemelle”. Venezia 79 nel suo terzo giorno finalmente torna a commuovere come non faceva da tempo.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.