Voti in centesimi per questa 75esima edizione del Festival di Cannes, come alla Maturità. Ormai prossima a tornare (forza ragazzi!), più o meno uguale a se stessa, come era nel pre pandemia. Lo stesso è successo quest’anno al carrozzone della Costa Azzurra, tornato alla consuetudine di calendario (maggio) e sfarzo. Nessun bocciato (anche se la macchina organizzativa – piena di falle – ha rischiato grosso). Perché il cinema, più o meno bello, è vivo. E semmai un giorno si decidesse di insegnare sui banchi di scuola, questa formidabile arte e industria e mestiere, sarebbe un gesto di grande consapevolezza di cui tutti beneficeremmo.

Les Italiennes 85/100:

Premiati (Le otto montagne) o meno (Martone e Bruni Tedeschi) la figura è stata buona. L’Italia ha proposto un cinema variegato, nella forma e nei temi, con solide radici ma apertura sul mondo. E il riconoscimento al corto Il barbiere complottista di Valerio Ferrara è un ulteriore bel segno di vitalità nostrana.

I maestri 74/100:

Alcuni (Cronenberg, Skolimowski) più in forma di altri (i Dardenne, Mungiu). Ma dai grandi autori si ha sempre da imparare. Per mandarli a memoria, allo spettatore a volte è sufficiente una scena, una inquadratura, un non detto.

La serialità 90/100:

Il regno del “cinema cinema” apre le porte alle serie tv. Quelle di grandissima qualità, certo! La risposta è più che positiva. Si sono viste opere destinate a restare, come Irma Vep di Assayas e Esterno notte di Marco Bellocchio.

La montée des marches 68/100:

Davvero niente di che. Se a illuminare sono sempre i soliti – in primis la eterna Sharon Stone e Tom Cruise, divo oggi come quarant’anni fa – significa che il rosso del tappeto rosso si è un poco stinto. Occorre una rigenerazione di colore. Elvis non è bastato.

La giuria 70/100:

Presieduta da Vincent Lindon e con Jasmine Trinca a rappresentare (bene) l’Italia. Si poteva far peggio (vero Spike Lee?). Ma anche molto meglio. E la moltiplicazione di premi (doppio ex-aequo, sia per il Grand Prix sia per il Premio della Giuria) è un finto buon segno.

Thierry Frémaux, 60/100:

Il delegato generale (leggi direttore) del Festival di Cannes, l’ha rischiata grossa. L’organizzazione è stata per nulla impeccabile. Lunghe code al sole, zero controlli sulle norme anti Covid, disastroso sistema per la prenotazione dei biglietti online. Eccetera eccetera. C’è da dire che Frémaux ci mette sempre la faccia.

Mostra del Cinema di Venezia, 100/100:

Sulla fiducia, per la prossima edizione (31 agosto – 10 settembre). Sotto la eccellente guida di Alberto Barbera, è Venezia il miglior festival di cinema. Con buona pace della grandeur transalpina.

I ragazzi, 98/100:

Giovani, formidabili protagonisti. Da Armageddon Time a Le otto montagne, da Close a Tori e Lokita. Tanti registi scelgono di raccontare l’infanzia e, soprattutto, la preadolescenza. La risposta delle nuovissime generazioni di interpreti è eccezionale. Il cinema salvato dai ragazzini? No, il cinema si salva da solo. Come ha sempre fatto.