Com’era la storia della “potenza di fuoco”? Il premier Conte annuncia misure poderose a sostegno dell’economia martoriata dal Coronavirus. Poi passano una settimana, un’altra e un’altra ancora e centinaia di migliaia di famiglie restano senza un euro, in attesa del fantomatico bonus da 600 euro o della cassa integrazione. La colpa è della burocrazia, si dirà. E la burocrazia è la stessa scure che rischia di abbattersi sull’edilizia, settore dal quale il governo si attende una forte spinta all’economia. Ne sono consapevoli tecnici e imprenditori, secondo i quali i bonus per le ristrutturazioni previsti dal decreto Rilancio rischiano di rivelarsi un flop, soprattutto in Campania, a causa delle solite pastoie amministrative.

Che cosa prevede la norma? La possibilità di effettuare lavori di efficientamento energetico e di messa in sicurezza delle abitazioni a costo zero, beneficiando di una detrazione fiscale pari al 110 per cento della somma spesa. La misura è di fondamentale importanza per realtà come quella napoletana e campana, dove il patrimonio edilizio necessita di un profondo restyling. Senza dimenticare quanto la riqualificazione degli edifici sia importante nella prospettiva del rilancio economico. Qualche dato? Per ogni milione investito nella ristrutturazione di edifici, si offre lavoro a 29 persone; il settore delle costruzioni, d’altro canto, attiva l’88 per cento dei comparti produttivi e spende il 95 per cento delle risorse sul mercato interno. E i benefici sono evidenti anche per lo Stato che, per ogni milione speso in riqualificazioni, incassa il 145 per cento.

Se poi si osserva che ogni euro investito in edilizia ne genera tre e che la riqualificazione del patrimonio urbano di Napoli può valere circa un miliardo e mezzo di euro, si intuisce quanto il superbonus possa rivelarsi importante per il contesto economico locale. Non ci si può abbandonare ai facili entusiasmi, però: a impedirlo sono le lungaggini burocratiche. “Il superbonus riguarda tutti i Comuni campani e abbraccia sia l’ambito energetico che quello antisismico – spiega Federica Brancaccio, presidente dell’Associazione dei costruttori edili napoletani (Acen) – ma rischia di rivelarsi inefficace se non accompagnato da un feroce snellimento della burocrazia”. I lavori cui fa riferimento il decreto, infatti, andrebbero realizzati tra il primo luglio 2020 e il 31 dicembre 2021: un lasso di tempo troppo stretto se si considera che per solo ottenere un’autorizzazione sismica occorrono mediamente cinque o sei mesi. Quanti interventi, dunque, saranno effettivamente coperti dal bonus? È tutto da vedere.

Certo è che almeno il 75 per cento degli edifici, in Campania, necessita di una ristrutturazione e, per quanto riguarda il patrimonio pubblico, almeno 65mila alloggi popolari versano in condizioni di degrado. “Nella platea dei beneficiari – sottolinea Stefania Porcelli, vicepresidente dell’Ordine degli architetti della Campania – non rientrano le attività extraricettive né le seconde case che, in ragione della chiusura forzata, avrebbero avuto bisogno di una ristrutturazione”.

Ma c’è anche un altro timore: “Nella stragrande maggioranza dei casi – continua Porcelli – gli interventi coperti dal superbonus non necessitano di pareri ambientali, ragion per cui non dovrebbero essere ostacolati da autorizzazioni paesaggistiche e quant’altro seppur ricadenti in aree vincolate. Ciò che preoccupa è il fatto che gran parte del patrimonio residenziale, proprio quello che per sua natura necessiterebbe di interventi antisismici o di efficientamento energetico, è oggetto di richieste di sanatoria ancora al vaglio degli enti preposti e, come tale, è escluso dall’ambito applicativo del superbonus”. E allora come se ne esce? Sburocratizzando, semplificando, snellendo.

“Bisogna accorciare i termini entro i quali gli enti esprimono pareri o autorizzano i progetti – conclude Federica Brancaccio – ma anche eliminare i passaggi di troppo tra Cipe, Genio Civile e Soprintendenze. Se non si crea un clima di fiducia tra cittadini, imprese e Stato, l’Italia e la Campania non si risolleveranno mai dalla crisi economica in atto”.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.