Dieci ore e mezza di lavoro al giorno per 120 euro. Iniziavano alle 13.00 e continuavano fino alle 23.30 senza pause, ma alla cena ci pensava l’organizzazione criminale: pizza per tutti da mangiare in pochi minuti per poi riprendere l’attività. In caso di problemi invece ci sarebbe stato anche un team di avvocati pronti a difendere gli spacciatori. Sono questi alcuni dei dettagli organizzativi emersi dall’operazione ‘Piazza Castelli‘ che ha impegnato 150 agenti di polizia. In manette tre persone, oltre a ventotto iscritte sul registro degli indagati.

L’attività investigativa, coordinata dalla Dda di Cagliari, e condotta dagli uomini della sezione criminalità diffusa della squadra mobile della Questura è durata quattro anni. Secondo gli inquirenti  “le due piazze dello spaccio erano diventate il principale punto di riferimento della distribuzione al dettaglio“. In carcere un 41enne considerato il capo dell’organizzazione che operava a San Michele, ai domiciliari invece un 34enne e un 38enne che erano ai vertici del gruppo criminale che operava a Is Mirrionis. Entrambi quartieri popolari di Cagliari.

Le vedette e i custodi

Piazze dello spaccio in cui era possibile acquistare ogni tipo di droga: principalmente cocaina, hashish e marijuana. Le richieste potevano arrivare anche dalla provincia, non solo dal capoluogo e nulla era lasciato al caso. Le vedette, “messe all’ingresso dei palazzi con il compito di filtrare i clienti e osservare i dintorni”, spiegano dalla Squadra mobile. I pusher, a loro volta, durante le dieci ore e mezzo di lavoro, dalle 13 alle 23,30, non si potevano allontanare per nessun motivo, appostati “nell’androne condominiale dove avveniva materialmente la vendita delle dosi”. Per cena una bella pizzata di gruppo in modo da evitare anche il minimo spostamento. I custodi della droga invece venivano reclutati al solo scopo di “nascondere il grosso della droga”. Altri si occupavano invece di “suddividerla e confezionarla in dosi sottovuoto“. A conti fatti una divisione dei compiti quasi industriale, perché il giro d’affari non era certo di poco conto.

I nomi in codice e gli avvocati

Ogni tipo di droga aveva un nome in codice: “kinder”, “carrera”, “goldon”, “messi” o “nike”. Due dei tre arrestati nell’operazione, e finiti ai domiciliari, si sono occupati di costruire anche una rete di avvocati. “A disposizione dei loro sottoposti – hanno spiegato dalla Questura – c’erano i difensori in caso di problemi legali, specie dopo gli arresti in flagranza. In particolare, i due boss curavano in prima persona anche il pagamento degli stipendi ai pusher per il loro lavoro quotidiano”. Non solo: direttamente loro si occupavano di risolvere le liti che nascevano tra i pusher o durante la cessione della droga.

 

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