Nel giorno in cui la Francia di fatto cestina la dottrina Mitterand, la politica avviata dall’ex presidente francese che garantiva ospitalità e sicurezza a cittadini italiani responsabili di azioni violente, purché questi avessero lasciato la lotta armata e la violenza, c’è chi da “protagonista” delle vicende che hanno portato oggi all’arresto di sette ex terroristi rossi prende una posizione che nell’Italia del ‘pensiero unico’ è quantomeno scomoda.

Mario Calabresi, giornalista ed ex direttore di Repubblica, ma soprattutto figlio di quel Luigi Calabresi ucciso da Lotta Continua nel 1972 perché ritenuto responsabile della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, non riesce a provare “soddisfazione nel vedere una persona vecchia e malata in carcere dopo così tanto tempo”.

Il riferimento è all’arresto a Parigi di Giorgio Pietrostefani, tra i fondatori di Lotta Continua, condannato a 22 anni di carcere come mandante dell’omicidio Calabresi, del quale si è sempre dichiarato innocente.

Pietrostefani dopo aver scontato due anni di pena fuggì in Francia, protetto dalla dottrina Mitterrand. Fino ad oggi, quando la polizia francesi ha arrestato lui ed altri sei ex terroristi rossi, accusati in Italia di atti di terrorismo commessi negli anni ’70 e ’80: tra questi Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, tutti delle Brigate Rosse, e Narciso Manenti, dei Nuclei Armati contro il Potere territoriale.

Dall’altra parte Calabresi sottolinea anche che con la ‘retata’ odierna “è stato ristabilito un principio fondamentale: non devono esistere zone franche per chi ha ucciso” e che “la giustizia è stata finalmente rispettata”.

L’OMICIDIO CALABRESI – Luigi Calabresi fu ucciso il 17 maggio 1972 a Milano. Era accusato dall’opinione pubblica di sinistra di essere il responsabile della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dalla finestra della Questura in una misteriosa circostanza. Secondo la sentenza definitiva Ovidio Bompressi e Leonardo Marino, entrambi militanti di Lotta Continua, uccisero il commissario durante un agguato, il primo materialmente sparò il colpo mortale, il secondo guidava l’auto per la fuga. I mandanti dell’omicidio furono invece Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani. La condanna si basò sulle dichiarazioni di Marino, l’unico ad aver ammesso dopo essersi pentito le responsabilità nell’omicidio, raccontando la sua versione dei fatti.

Marino fu inizialmente condannato a 11 anni di carcere per poi veder ridotta la sua pena dopo essersi pentito, fino a che questa non cadde in prescrizione perché le more dei ricorsi del processo fecero scattare la prescrizione. Pietrostefani ai tempi della condanna già risiedeva in Francia. Tornò in Italia il 1997 per prendere parte al processo e lì fu arrestato.

Scarcerato nel 1999 per la revisione del processo e condannato ancora nel 2000, per sottrarsi all’esecuzione della condanna definitiva si rifugiò in Francia dove fino ad ora gli era stata accordata la protezione giuridica della dottrina Mitterrand.

 

 

 

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia